di Andrea Carlo Cappi*
Da tre anni Andrea G. Pinketts aveva cominciato la sua lotta per la sopravvivenza. Non era uomo da tirarsi indietro, quando si trattava di combattere: sarebbe stato come rinnegare la sua infanzia fatta di Tex, Batman e Capitan America. Per abbatterlo, la Morte ha dovuto giocare sporco, colpendolo alla schiena quando lui aveva appena vinto la sua seconda battaglia. L'unico modo per vincere contro chi rispetta il fairplay. In un mondo in cui per il successo si venderebbe anche la nonna, lui non l'avrebbe mai fatto. Anche perché, diceva, sua nonna somigliava a Braccio di Ferro (confermo: l'ho conosciuta).
A metà degli anni '90 a Milano ho presentato con lui le sue serate settimanali di «birreria letteraria», istituzione per cui non si è mai speso un centesimo di fondi pubblici, regalando però un riferimento culturale durato 25 anni, finché l'ultimo locale a ospitarci, il Balubà, non ha chiuso. È tristemente simbolico che in tempi di trionfo dell'ignoranza vengano meno Pinketts e i suoi incontri, che rivelavano come parlare di libri e di cultura potesse essere divertente, dando spazio ad autori esclusi dai grandi circuiti. La Morte si è alleata col Silenzio. Da sola non ce la faceva.
È un peccato che molti lo abbiano conosciuto solo come personaggio televisivo e lo fermassero per strada dicendo «Lei è Pikenz?» («Pikenz, the First», commentava lui, ridacchiando). Senza comprendere che, prima di tutto, Pinketts era uno scrittore. Lo era in come parlava: dal vivo possedeva lo stesso «senso della frase» dei suoi libri, scritti di getto come in una perenne e geniale improvvisazione. Cominciava con un titolo, poi su quello scriveva una ballata, dopodiché applicava il metodo «guido nella nebbia»: sapeva dove voleva arrivare alla fine della storia, non per quali sentieri ci sarebbe arrivato. Ma ci arrivava sempre, nonostante nel mondo reale gli fosse stata ritirata la patente appena conseguita. Non era fatto per le regole, del traffico come dell'esistenza.
Era uno scrittore anche per come viveva.
Era il più riuscito dei suoi personaggi, anche se dietro la maschera c'era un uomo tormentato, riflessivo, dall'intelligenza acuta e dalla cultura illimitata. Purtroppo questa volta non era lui a scrivere la storia. Era una storia vera e priva di ironia e di lieto fine. Ma è lo stesso una storia di Pinketts, da cui si può sempre imparare qualcosa.*autore e sceneggiatore
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