Jamie Cullum: "Da Cole Porter ai Gorillaz Il mio jazz nasce dall'hip hop"

Nel cd Momentum Jamie Cullum torna a sorprendere dopo anni di appannamento. "I musicisti non devono aver confini. Il più intuitivo di tutti? Di sicuro Clint Eastwood"

Jamie Cullum: "Da Cole Porter ai Gorillaz Il mio jazz nasce dall'hip hop"

Poi si ferma e ammette a bruciapelo: «Sono benedetto da Dio». E ci mancherebbe altro, caro Jamie Cullum. Suona il pianoforte e scrive lievi canzoni di jazz pop, che finora hanno venduto oltre dieci milioni di copie e che diventeranno molte di più grazie al nuovo disco Momentum, più bello del previsto. «Dice davvero?». È alto, direbbe Collodi, come un soldo di cacio ma è sposato con Sophie Dahl, che è stata una delle dieci top model più belle del mondo e che, per inciso, vanta almeno quindici centimetri più di lui. In più ha composto canzoni al pianoforte con Clint Eastwood per il film Gran Torino ed è forse l'unico inglese a dire che Capri proprio non gli piace perché «tutto quel casino di gente non fa per me, io voglio posti tranquilli». Quando suona, rapisce. Quando parla, stupisce: ha lo sguardo vispo del guaglione e la dolcezza del dandy romantico: «La musica mi muove, il resto mi commuove». Accipicchia.

Scusi non è tutto un po' troppo stucchevole?

«Tutt'altro: se non avessi avuto due figli in poco tempo non avrei neanche potuto scrivere queste nuove canzoni».

Addirittura?

«Sì, mi hanno aiutato a fotografare un momento che si vive una volta sola: il passaggio dalla gioventù alla maturità».

Non è un po' troppo “alto” come argomento?

«No, credo che a far la differenza siano sempre la comprensibilità della musica e delle parole: l'ho capito perché al jazz io, dopotutto, ci sono arrivato attraverso l'hip hop».

Tanto è vero che nel disco c'è Love for sale, una cover di Cole Porter in duetto con il rapper Roots Manuva.

«Anche un brano del 1930 può sembrare tremendamente attuale vero? La vita è una processione di fasi. E anche la musica lo è. Perciò perché non mescolare la fase pop con quella jazz e quella hip hop? Se Beyoncé mi chiedesse un duetto, lo farei al volo. Idem con Tom Waits e con Clint Eastwood, che è geniale. O con il mio più grande idolo di tutti i tempi».

Scusi chi è?

«Damon Albarn di Blur e Gorillaz. Talento eclettico come pochi nella storia».

Anche lei si dà da fare. L'altra sera, nel suo breve show al Trussardi alla Scala, lei ha lasciato (tanti) giornalisti e (qualche) intellettuale a bocca aperta.

«Non so neppure che cosa sia successo, non ricordo mai cosa succede quando suono. E' come se fossi in preda a qualche visione. Tendo a isolarmi nel mio mondo e a lasciare che tutto il resto vada per conto suo, quasi ignorandomi. Perciò ho imparato che l'unico modo per far capire cosa penso è dirlo a voce alta, con la voce e con il suono».

Molto italiano.

«Uno dei periodi più belli della mia vita è stato tanti e tanti anni fa proprio in Italia, a Napoli. Ero sconosciuto, ho trascorso quindici giorni da sogno e mi sono pure innamorato. Vabbé, innamorato proprio no, sa una di quelle cose che accadono da ragazzini... Però la gente lì non ha bisogno di essere interrogata: parla con i gesti e gli sguardi».

Comunicazione d'altri tempi.

«Bella. Ma non è l'unica.

La tecnologia ci dà tante possibilità: ad esempio per fare questo disco ho sfruttato delle app dell'iphone. Però qualche volta ho suonato pure una tastiera comprata di seconda mano perché gli strumenti musicali, in fondo, non sono altro che l'apostrofo del talento».
(ha detto proprio così - ndr).

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