Un giorno un amico illustre lo definì «l'alto signore dei suoni»; lo ammirava per quello che scriveva sul pentagramma e per la sua personalità poliedrica, anche un po' misteriosa.
Storia dell'amicizia tra Gabriele D'Annunzio e Marco Enrico Bossi, nato a Salò sul lago di Garda - nella provincia lombarda di Brescia - uno dei compositori che il Vate appassionato di musica apprezzava di più. Bossi va subito detto, vissuto tra Ottocento e Novecento, è stato uno di quegli autori italiani che dopo la morte sono stati inghiottiti dal nulla. In vita grande viaggiatore, cosmopolita, uomo di cultura e talento. «Perché è finito nell'oblio? - fa eco il violinista Francesco Comisso, componente del Trio Archè (col violoncellista Dario Destefano e il pianista Francesco Cipoletta) - Probabilmente perché è nato nel momento sbagliato. Ricordiamoci che nel suo periodo in Italia imperava l'opera lirica. La musica strumentale esisteva poco o niente». Il Trio Archè si è preso la briga di fare un lavoro speleologico riportando alla luce le pagine di questo maestro dimenticato, con la pubblicazione discografica Bossi-Piano Trios per la Brillant Classics. Un beve ritratto.
Ottimo pianista e organista, Bossi «è affascinato dalla poetica della musica assoluta, idealizzata da Hanslick e realizzata da Brahms». E D'Annunzio, sebbene fino a un certo punto sia stato un wagneriano convinto - dunque per la musica in teatro - accetta e prova ampio interesse per l'orientamento di questo compositore, che per scelta romantica «guarda al nostro mondo antico», aggiunge Comisso. L'amicizia tra i due è documentata. Si narra di incontri avvenuti soprattutto a Venezia, un gruppo di intellettuali che si trovava per scambiare idee e progetti. C'erano i momenti dedicati agli ascolti, e il Vate un bel giorno «battezzò» l'autore-amico anche «artista dalle mille anime». Non solo echi ma prove materiali. Al Vittoriale sono conservate le diverse lettere che i due si sono scritti. Altre testimonianze nei saggi storici, ecco per esempio che cosa scrive in D'Annunzio fruitore di musica a Venezia Lara Sonja Uras in un ampio contributo per l'Archivio d'Annunzio: «Nell'ottobre del 1897 il musicista esegue al pianoforte per il poeta e l'attrice la sua partitura de Il cieco su testo di Pascoli». Il Vate lo ammira sinceramente e la Duse si commuove e gli chiede di sentire lo stesso brano per cinque volte. Presso il Vittoriale degli Italiani si conserva un manoscritto intitolato Chiomazzurra che - secondo un intervento scritto sul tema in questione - ben testimonierebbe il sodalizio artistico e intellettuale. Di più, musicalmente parlando.
Sono ben spiegate nelle note, che accompagnano l'incisione, le caratteristiche delle opere firmate da Marco Enrico Bossi. Con lui «ha inizio la grande produzione tardo-romantica della musica da camera italiana fino a quel momento praticamente inesistente». E il Trio op.107 e il Trio op.123, soggetto della pubblicazione discografica, «sono due esempi per l'Italia di fine Ottocento e primi Novecento di una nuova idea di far musica». Le «organistiche» ampie soluzioni armoniche e i virtuosismi dei tre strumenti «riconducono al vitalismo eroico del giovane Richard Strauss».
Dulcis in fundo una curiosità biografica che salta all'occhio.
«Interessante andare a vedere le date di nascita e di morte di questo compositore, perché in qualche modo coincidono con la storia del Paese - conclude il maestro Francesco Comisso - Lui nasce nel 1861 a pochi mesi della proclamazione dell'unità d'Italia e muore nel 1925 pochi mesi dopo la presa dei pieni poteri da parte di Benito Mussolini». Un personaggio che fu testimone (e poi vittima) del suo tempo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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