Il coraggio (fin troppo epico) di Pippo Fava

Certo, vedendo scorrere sullo schermo le gesta di Pippo Fava, il suo semplice eroismo, la forza di volontà, lo sprezzo del pericolo, la mancanza di paura delle ritorsioni della mafia, ti si torcono le budella. Ti assale il sacro fuoco del giornalismo e della ricerca della verità. Ti chiedi se anche tu avresti mai il coraggio di andare incontro a un destino segnato pur di scrivere nero su bianco i nomi dei delinquenti che devastano la tua città e la tua nazione. E se lo saranno chiesti pure gli spettatori della fiction di Raiuno Prima che la notte, in onda l'altro ieri, che ha voluto ricordare, in una serie di iniziative sulla legalità, il giornalista ucciso dalla mafia nel 1984 e, soprattutto, l'importanza che ebbe il giornale da lui fondato I Siciliani nel tentativo di risvegliare le coscienze. Purtroppo non sono stati moltissimi gli spettatori che hanno seguito la fiction: 3.435.000 pari al 15.7% di share. Ma l'argomento (oltre che abusato in questo periodo) non era semplice e neppure eccitante, nonostante gli sceneggiatori abbiano cercato di dare al protagonista una forte carica umana e ai suoi «carusi» (i giovani redattori) la sensazione di inseguire un grande sogno. Fabrizio Gifuni nel ruolo di Pippo Fava, al suo solito, ha dato il massimo.

Certo, nonostante non si volesse fare un'agiografia del giornalista, alla fine ne viene fuori comunque un po' un santino, le cui uniche debolezze si trovano nel rapporto con le donne e con la famiglia, come si conviene ad ogni eroe. Forse, Claudio Fava, figlio di Pippo e suo «seguace» nel portare avanti il suo lavoro e le sue idee, poteva sfumare un po' di più il tono «epico».

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