Così il "razzismo immaginario" soffoca la libertà

Il filosofo: si grida subito all'islamofobia e si cancella il dibattito, come nei regimi comunisti

Così il "razzismo immaginario" soffoca la libertà

In Francia sono in corso due processi molto simili. Il filosofo Pascal Bruckner, noto in Italia per numerosi saggi tra cui Il fanatismo dell'Apocalisse (Guanda, 2014), è stato denunciato per quanto ha detto nel programma Arte: «Farò i nomi dei collaborazionisti all'attentato di Charlie Hebdo, tutti coloro che hanno ideologicamente giustificato la morte dei giornalisti». Le associazioni citate subito dopo lo hanno portato in tribunale. Stessa sorte toccato allo storico Georges Bensoussan, il direttore editoriale del Mémorial de la Shoah, fra i massimi studiosi di antisemitismo di Francia. Due anni fa aveva detto alla radio: «Come sostiene un sociologo algerino, Smaïn Laacher, nelle famiglie arabe in Francia l'antisemitismo viene trasmesso con il latte materno». Incriminato per «incitamento all'odio razziale».

In questo clima, è uscito il saggio di Pascal Bruckner, Un racisme imaginaire («Un razzismo immaginario», Grasset) subito al centro dell'attenzione generale. Bruckner denuncia con forza l'odio e la violenza contro i musulmani ma contesta la nozione equivoca di «islamofobia».

Secondo il filosofo, le accuse di islamofobia sono un'arma per soffocare il dibattito. Da oltre vent'anni, dice Bruckner, siamo testimoni della costruzione di un nuovo delitto di opinione simile a quello che veniva rinfacciato ai dissidenti (i «nemici del popolo») nei regimi comunisti. Le accuse, oltre a limitare la libertà d'espressione, ottengono il risultato di bloccare ogni tentativo di riforma nel mondo musulmano, isolando come «islamofobo» chi vorrebbe venire a patti con la modernità occidentale.

Ma «l'antirazzismo» scrive Bruckner è «un marchio in continua espansione», perché ogni gruppo sociale si sente vittima. Il discorso va oltre l'islam. Tutte le mattine qualcuno «denuncia una forma di segregazione, felice di aver aggiunto una nuova specie alla grande tassonomia del pensiero progressista». Si rinforza così l'arsenale, già preoccupante, delle leggi che puniscono i reati d'opinione. Leggi che finiscono col creare una sorta di «dispotismo dolce» nell'arena culturale. Alle associazioni di cittadini che combattevano il razzismo, quello vero, si sono sostituite lobby confessionali o comunitarie o umanitarie che inventano forme di discriminazione per giustificare la propria esistenza, ottenere il massimo della visibilità e raccogliere finanziamenti. Anche gli islamisti hanno capito il funzionamento delle società democratiche e lo sfruttano a proprio vantaggio. In nome della libertà individuale, un po' alla volta, erodono... la libertà individuale.

Il libro di Bruckner contiene poi ampi riferimenti a fatti di cronaca. Ad esempio, la notte di Colonia. Tra giovedì 31 dicembre e venerdì 1 gennaio 2016, nella città tedesca decine di donne sono state molestate e aggredite sessualmente da un migliaio di ubriachi. Secondo i rapporti della polizia, la maggior parte delle persone coinvolte era di origine nord-africana o afghana. La condanna però non è stata netta e unanime, dice Bruckner che passa in rassegna alcune spiegazioni bizzarre di quell'evento. C'è chi ha negato fossero aggressioni di natura sessuale, rivendicandone la portata politica. La folla ha preso di mira donne tedesche e bianche, simbolo dell'oppressione e della mancata accoglienza. A parere di questi sociologi, scrive Bruckner, perfino lo stupro è un crimine meno grave se il movente è soprattutto politico. L'islam sarebbe la «religione degli oppressi», in quanto tale permette ai post marxisti di dare una verniciata ai vecchi dogmi.

La censura, infine, si rivela controproducente. Le parole (e le idee) condannate dal politicamente corretto poi tornano nello spazio pubblico portando con sé una carica dirompente che altrimenti non avrebbero.

AG

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