Anche un non musicista può cogliere la musicalità del verso di Gabriele D'Annunzio. E goderne. E a maggior ragione quando le sue liriche si traducono in uno spartito musicale. Operazione che, per esempio, fece capo al compositore Francesco Paolo Tosti, autore di romanze dannunziane incantevoli. Le abbiamo ascoltate giovedì, alla Società del Giardino nel corso di un incontro musical-letterario organizzato dalle Serate e dagli Amici delle Serate Musicali di Milano. Al pianoforte, l'anima dell'istituzione: Hans Fazzari. Voce, il soprano Qsiao Ku. Il conferenziere era Giordano Bruno Guerri, presidente della fondazione Vittoriale degli Italiani e cultore e specialista di D'Annunzio, poeta, drammaturgo, narratore, personaggio bistrattato dalla storiografia «come lui orba da un occhio», chiosa Guerri.
D'Annunzio fu anche (in un certo senso) musicista. Perché tanti suoi testi sono vere e proprie partiture dove il suono si addensa e si fa duro, cacofonico, per tradurre la natura irriverente del mare e dell'estate rovente («Piove su le tamerici salmastre ed arse», da La pioggia nel pineto). Suono che si fa rarefatto tutt'uno con il ritmo che rallenta nell'incipit di quel capolavoro che è la Sera fiesolana (Fresche le mie parole ne la sera ti sien come il fruscìo che fan le foglie) dove la pioggia di «esse» ed «effe» fanno volare il verso. In breve, Guerri sottolinea come D'Annunzio seppe scrivere testi come madrigali cinquecenteschi. Ancora, prendiamo La pioggia nel pineto dove il canto delle cicale, quello più roco della rana, il pianto che cresce della pioggia, e la voce del mare sono le quattro voci di un contrappunto. Una parola-suono dannunziana che è mimetica. Scritti che dunque sono sonorissimi, con o senza la veste di Tosti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.