"Dietro i candelabri"

La storia vera di un amore proibito, raccontata attraverso le splendide interpretazioni di Michael Douglas e Matt Damon

"Dietro i candelabri"

Steven Soderbergh mette in scena in maniera sontuosa gli ultimi dieci anni di vita di Liberace, lo showman che, tra il 1955 e il 1970, fu il più pagato al mondo. Non era solo un grande pianista ma un vero intrattenitore che fece del kitsch il suo marchio di riconoscimento, presentandosi sempre carico di pellicce e lustrini in tenute a dir poco stravaganti. All'epoca gli spettatori erano incredibilmente ignari che fosse omosessuale e, ad ogni modo, nell'ambiente regnava la regola del "si sa ma non si dice". Il film è basato sul libro autobiografico di Scott Thorson, che aveva 17 anni quando, nel 1977, conobbe Liberace, allora quasi sessantenne, e si traferì nella sua casa di Las Vegas per un intero lustro. "Dietro i candelabri" ripercorre con dovizia di particolari la tumultuosa relazione tra i due, fatta di affetto e dipendenza, che collassò quando Lee (così si faceva chiamare Liberace dagli intimi) s'invaghì di un altro giovane ragazzo. La pellicola, rifiutata dalle grandi major hollywoodiane perché dai contenuti omosessuali ritenuti troppo diretti, è riuscita a essere portata a termine grazie all’emittente televisiva HBO che l'ha finanziata garantendo la piena libertà creativa al regista. Alle sorprendenti performance attoriali dei due protagonisti, Matt Damon nel ruolo del giovane Scott e Michael Douglas in quelli del vissuto Liberace, si deve il fatto di non fare troppo caso se i baci e i dialoghi maliziosi hanno luogo tra due uomini, perché si assiste a una storia d'amore appassionata, tenera e coinvolgente. Nonostante i due attori siano da sempre icone della mascolinità, riescono a rendere sorprendentemente credibile il legame sentimentale tra Scott e Lee. Il rapporto rappresentato è sicuramente sbilanciato in termini di potere a favore dell'egocentrico Liberace, che plasma a suo piacimento l'ingenuo, devoto e innamorato Scott. Il ragazzo del resto, sperimenta per la prima volta in vita sua la comunione e connessione profonda con un'altra persona che diventa per lui un amante, un amico e un padre. Pur di compiacere in tutto e per tutto l'uomo che è diventato il suo intero mondo e di cui si è reso prigioniero volontario, Scott arriva a cambiarsi i connotati con interventi di chirurgia estetica e a sviluppare una dipendenza da anfetamine. Lee, nel frattempo, è talmente preso da se stesso, dal suo narcisismo sfrenato e dalla paura di invecchiare, da non essere in grado di preservare il compagno dalla deriva intrapresa. Michael Douglas è superbo nel diventare in tutto e per tutto Liberace, modulando il tono della voce e atteggiandosi da navigato istrione dotato d'intelligenza, umorismo e generosità. Il suo è un personaggio composito, pieno di contraddizioni, profondamente religioso e sessualmente dissoluto, grottesco e malinconico, divertente e commovente. Nonostante la storia descritta abbia delle morbosità, lo sceneggiatore LaGravenese ha saputo renderla davvero toccante.

Il cast di supporto, da Debbie Reynolds nei panni dell'ingombrante madre di Liberace a Rob Lowe in quelli del suo viscido chirurgo plastico, è potente non meno dei protagonisti. Scenografie curate e costumi riprodotti nei minimi dettagli, completano la scintillante confezione di un film coraggioso.

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