Cultura e Spettacoli

Donaggio, quarant'anni di musica "paurosa" da Sanremo a De Palma

Prima violinista con Abbado, poi autore rock interpretato da Elvis Infine a Hollywood. Dopo un incontro casuale nella sua Venezia...

Ha vissuto le quattro stagioni musicali, tutte con enorme successo, ma sfugge accuratamente alle sirene dei media... È stato violinista nell'orchestra di Abbado; pioniere del r'n'r; cantautore che ha trasformato Io che non vivo (senza te) in uno dei maggiori evergreen di ogni tempo; autore di centinaia di colonne sonore per autori come Brian De Palma. Eppure Pino Donaggio vive rintanato nella sua cara vecchia Venezia, dove passa le giornate nello studio in cui in questi giorni festeggia 40 anni di musica da film. «Io avrei voluto fare il violinista classico, infatti studiavo al Conservatorio di Venezia, poi mi trasferii a Milano per suonare musica da camera. Abbado mi sentì suonare Brahms e mi prese nella sua orchestra: avevo 17 anni ed ero l'unico non diplomato. Intanto ascoltavo le canzoni che mio padre proponeva ai matrimoni e alle feste con la sua orchestrina, anche Sergio Endrigo iniziò con lui. Provai anch'io a cantare e la gente applaudiva ma papà mi diceva “lo fanno per me, non metterti in testa idee strane e continua col violino”». Però lui a Milano, nel tempo libero, buttava giù testi e melodie e un giorno prese il coraggio a quattro mani e lo portò all'editore Curci, dove qualcuno disse: «abbiamo trovato il nuovo Paul Anka».

E Donaggio finì per caso nel mondo della musica leggera che conta. «Scrissi Come sinfonia che avrebbe dovuto essere assegnata a Mina per Sanremo, ma lei aveva già Le bolle blu e un altro brano, così insistette per far cantare me che ero l'autore. Chissà, se Mina avesse interpretato Come sinfonia, non sarei diventato cantante». E invece sfondò; diversi Festival, canzoni in classifica e soprattutto Io che non vivo, che nella versione inglese di Dusty Springfield divenne (e lo è ancora) un successo mondiale e fu interpretata persino da Elvis. «La versione americana, You Don't Have to Say You Love Me, fu scritta da due sceneggiatori di cinema inglesi, forse un segno del destino».

Come fu il destino a colpire un mattino quando, a bordo di un vaporetto alle 6 del mattino, reduce da un concerto, fu notato da un giovane produttore. «Disse che avevo la faccia per scrivere la musica su un film di parapsicologia, forse aveva fumato troppo. Comunque il film era con Julie Christie e Donald Sutherland, composi la colonna e il regista Nicolas Roeg ne fu entusiasta. Così nacque il commento a Don't Look Now, che in Italia uscì come A Venezia un dicembre rosso shocking e fu premiato in Inghilterra come colonna sonora dell'anno». Così, sempre per fato, s'arriva all'incontro con Brian De Palma. «Era morto da poco Bernard Herrmann, il suo compositore di fiducia, ma Brian aveva ascoltato la musica del film sul disco omonimo, che aveva comprato in Inghilterra, e mi volle a tutti i costi al suo fianco. Nacque così il connubio vincente di Carrie lo sguardo di Satana. Ci siamo capiti al volo, anche se io abitavo in casa sua e, non conoscendo la lingua, ci capivamo a gesti. Però per il lavoro c'era un traduttore e lui fu felice di ciò che scrissi. Mi chiama per i film di suspence, infatti l'anno scorso ho musicato il suo Passion. Si fida tanto di me che ascolta la mia opera solo in sala con l'orchestra, a lavoro finito». Così morì il Donaggio cantautore per lasciare spazio a quello compositore a tempo pieno per decine di pellicole, tanti horror (come Piranha per Joe Dante) western ma anche commedie dei Vanzina e di Tinto Brass. E poi le serie tv che vanno da Don Matteo a Provaci ancora prof e tanto altro ancora».

Ma dov'è il segreto di Pino Donaggio? «Non sapevo di avere una memoria visiva così forte. Non ho bisogno di rivedere un film dopo la prima volta, e cerco di scrivere cose diverse dai compositori americani perché noi abbiamo alle spalle il melodramma e dobbiamo sfruttarlo». E la canzone? «L'ho abbandonata per rispetto. Ho avuto successo ma il revival mi mette tristezza. Una sera vidi Gianni Meccia, Nico Fidenco e Jimmy Fontana rifare i pezzi del passato; se penso che un tempo lottavano per i primi posti a Sanremo...».

Tanto Donaggio non ha certo tempo per annoiarsi. «L'unica concessione al mercato sarà quella di riscrivere in versione classica le mie canzoni passate nei film, come Io che non vivo in Vaghe stelle dell'orsa di Visconti. Poi sto lavorando ad una fiction su Enzo Ferrari con Robert De Niro, a un film sul libro di Andreotti The Listener che avrebbe dovuto dirigere Lizzani e che, dopo la sua morte, farà Gianni Bozzacchi, forse un western di un regista olandese e la fiction per Raiuno Il signore sia con te. Ah, dimenticavo dieci film sul Rinascimento, ma chissà se ce la farò a finirli». Tutto lavoro e niente glamour il nostro Donaggio. «Sono un tipo schivo, non andai neppure al Madison Square Garden, con Little Tony e Bobby Solo, a vedere il concerto di Elvis.

Mi hanno raccontato che, quando fece You Don't Have to Say You Love Me, venne giù la sala».

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