Chick Corea torna al suo primo amore, il concerto per solo pianoforte. Nel 1971 spiazzò tutti incidendo per la Ecm lo splendido Piano Improvisations e ora torna alle origini con il doppio album Solo piano: Portraits, dove propone i «ritratti» di alcune delle figure più importanti della storia del jazz ma anche improvvisazioni informali dal vivo, chiamando sul palco una persona del pubblico a caso, osservandola e da lì costruendo una melodia che ne racconti la personalità.
Lei ha definito la musica per solo piano jazz qualcosa di speciale...
«Ha purezza e profondità. Non si può barare, è istintiva ed esprime davvero l'anima di chi la suona. Ma forse lo dico solo perché il pianoforte è lo strumento che amo».
Il suo nuovo album è un manuale di improvvisazione e lirismo.
«Penso di avere sempre improvvisato. Improvvisare non vuol dire buttare giù note a caso ma creare, aggiungere sempre qualcosa di nuovo a un tema».
C'è un ritratto dedicato a Thelonius Monk.
«La sua musica esprime la migliore sintesi di ricerca espressa attraverso melodia, armonia e ritmo. Era un gigante nell'unire brani sperimentali e ballate che hanno fatto la storia come Round Midnight, che ho riletto insieme a Pannonica (dedicata alla baronessa de Konigswarter, la mecenate dei jazzisti ndr)».
Un altro ritratto è quello di Bud Powell.
«Cosa dire di lui? L'essenza del piano jazz, per questo ho voluto cimentarmi con la sua opera provando ad allargarla e attualizzarla».
Poi c'è Stevie Wonder.
«Sì, amo molto la sua musica, è una delle espressioni più originali del pop e del rhythm'n'blues moderni».
Si passa poi a personaggi come Bartok e Scriabin.
«La musica è musica e non deve avere tempo né distinzioni di stili. Deve sollecitare vibrazioni nel cuore. Per questo sono portato naturalmente verso suoni tra loro inconciliabili come il jazz rock, la classica e la contemporanea. Bartok è un maestro assoluto, così come è fondamentale il colorismo di Scriabin».
E poi quelle strane improvvisazioni sulle persone comuni...
«In concerto ho sempre sofferto la barriera che separa il pubblico dall'artista. Così in alcuni concerti a Casablanca, o nel Maryland, chiamo sul palco alcune persone, osservo come camminano, come sono vestite, chiedo loro il nome e poi costruisco un brano dedicato alla loro personalità. È una cosa carina e che riscuote molto successo».
È
«Mai fermarsi. In luglio sarò in tour in Italia in duo con Stanley Clarke. Poi riprenderò coi miei ritratti ma intanto sto già scrivendo nuovi brani».
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