Roman Vlad, una vita in musica

A 91 anni, il compositore rumeno di nascita e italiano di adozione pubblica la sua autobiografia raccontando i motivi che lo ha spinto a lasciare la città natia, oggi terra ucraina, per approdare in Italia dove ha conosciuto “maestri d’eccezione”, politici e personalità di primo piano

Alle soglie del secolo di vita, Roman Vlad racconta il “suo” secolo. A 91 anni suonati, il celebre compositore rumeno, italiano d’adozione, ripercorre le tappe principali della sua lunga vita, per grandissima parte trascorsa a casa nostra. Era infatti il 1941 quando decise di abbandonare il suolo natio della Bucovina per cercare maggior fortuna altrove. Lui, a soli 22 anni, caricò su una carrozza i genitori, la sorella e la nonna materna e prese la strada dell’Italia. Fu una scommessa rischiosa. Il prezzo era altissimo. Il pericolo un’insidia costante. Eppure Roman Vlad, quella scommessa, l’ha vinta. E ora nelle pagine di “Vivere la musica” (Einaudi, pp.239, euro 14) non risparmia aneddoti. Come quello che lo vide al pianoforte di casa sua a suonare il preludio di Chopin, un attimo prima di salire su quella carrozza per un viaggio lungo e periglioso.

Vlad approdò in un’Italia fascista che non gli avrebbe lesinato sorprese ma della quale onestamente ammette che “vi si poteva fare quello che in Germania e in Urss era proibito”. E ricorda i suoi buoni rapporti con Bottai, i colleghi che appoggiarono il fascismo come Goffredo Petrassi e quelli invece, meno onesti, come Luigi Dallapiccola, che avrebbe negato la sua adesione al Fascismo, facendo il voltagabbana, pur tuttavia restando un eccelso artista. E’ un racconto affascinante. Un percorso a ritroso. Un viaggio nel tempo, condotti per mano da un uomo che, dall’alto dei suoi 92 anni, ricorda i suoi rapporti con Stravinksij, le emozioni provate grazie a Mahler, i direttori d’orchestra ai quali è tuttora legato dall’affetto più profondo. Riccardo Muti. Giuseppe Sinopoli. Leonard Bernstein.

E ricorda i suoi sogni. Quando avrebbe udito le note di una Messa che poi ha messo sul pentagramma e ha finito di comporre. O il segreto di Bach che gli avrebbe fornito la chiave per interpretare un passaggio della Messa in si minore, in cui sarebbe stato nascosto il nome dell’autore. Bach, appunto. E non mancano i politici. Quel Tremonti che ebbe l’infelice uscita di dire che “con la cultura non si mangia” e che lui, Roman Vlad, a dispetto dell’età, ricorda fin troppo bene. Come le infauste conseguenze prodotte da quelle parole. Bill Clinton e la sua passione per il sassofono o Edward Heath, primo ministro inglese dal 1970 al 1974, che tentò di strappare Muti al Maggio per portarlo a Londra. Atteggiamenti diversi che denotano approcci diversi nei confronti della musica, della cultura e dell’arte.

Oggi, a 91 anni compiuti, Roman Vlad è un arzillo nonnino che non ha perso l’amore per le note. Dalla sua casa nel cuore di Roma continua a comporre e a suonare l’amato pianoforte. Come quell’ultimo giorno che lasciò la Bucovina nei furori di guerra.

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