Alla fine il Teatro dell'Opera di Roma continuerà ad avere il suo vecchio coro e la sua vecchia orchestra, anche se non riavrà il più prezioso (anche solo per le vendite di biglietti) dei direttori d'orchestra: Riccardo Muti. Ecco il risultato del lungo tira e molla dopo l'abbandono del Maestro. È stato infatti raggiunto ieri, alle due di notte, un accordo tra la dirigenza del Teatro e i sindacati. Dovrà essere ratificato dall'assemblea dei lavoratori e dal Cda (il 23 novembre) ma la bozza è chiara: -10% in busta paga e riduzione delle indennità. Nel dettaglio gli straordinari verranno regolati in base a un monte ore. L'indennità spettacoli all'aperto sarà ridotta del 25%; l'indennità sinfonica per Orchestra e Coro è cancellata. A fronte di questo accordo, la governance del Teatro ritirerà la procedura di licenziamento collettivo e il conseguente piano di esternalizzazione di coro e orchestra. Messa in soffitta la grande riforma, presentata a inizio ottobre da Ignazio Marino, che avrebbe dovuto proiettare l'Opera nel futuro - «Abbiamo guardato ad esperienze di altri teatri lirici europei, a modelli quali la London Symphony Orchestra o i Berliner Philharmoniker» - la dirigenza del Teatro sembra accontentarsi di aver raggranellato, al prezzo di un gesto plateale (ma tardivo), un risparmio economico.
Così il sovrintendente Carlo Fuortes: «È un traguardo raggiunto da tutto il Teatro dell'Opera. È il segno di una grande assunzione di responsabilità da parte dei lavoratori e di tutte le sigle sindacali». E così il sindaco Marino: «La posizione di fermezza e l'aver messo sul tavolo anche la scelta più difficile, quella dell'esternalizzazione, evidentemente ha costretto tutti a riflettere». Sarà pure «fermezza» decidere di licenziare tutti e poi fare marcia indietro. Però non sembra che i sindacati (e men che meno gli orchestrali) siano così convinti che si tratti di un percorso comune. Anzi, incassato il mantenimento dei posti di lavoro hanno rimarcato che la crisi del teatro non è colpa dei musicisti e degli scioperi. Silvano Conti, coordinatore nazionale Cgil Cultura e Spettacolo: «Gli orchestrali si sono autodecurtati gli stipendi in media di 200 euro netti al mese. Ora ci auguriamo che il ministro scelga dei manager competenti...». E sempre da fonti Cgil viene lamentata «l'autoreferenzialità imposta dalla governance della Fondazione» e il fatto che «non ha voluto dettagliare i comportamenti vincolanti per aumentare la produzione». Comunque si parla di un aumento del 29% delle repliche.
Perché ora che si guadagna di meno gli straordinari non dispiacciono più a coro e a orchestrali. Sin che c'era Muti (che garantiva gli spettatori) suonare stancava... E ora quella che Muti torni è una speranza davvero labile, che solo Fuortes continua a coltivare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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