Il film sul Bunga bunga? È quello più spompato

Monotona e moralistica la pellicola sulla corruzione di Francesca Comencini. Che riesce a scontentare tutti

Il film sul Bunga bunga? È quello più spompato

«Tutto il film parte dai fatti di cronaca, se non avessi letto del bunga bunga non so se avrei fat­to il film » dice Francesca Comen­cini presentando il suo Un gior­no speciale .
Ma, nonostante que­sta dichiarazione esplosiva, l’ul­timo film in Concorso, il terzo ita­liano che verrà distribuito da Lucky Red dal 4 ottobre, è stato accolto tiepidamente alla proie­zione stampa di questa 69esima Mostra del cinema di Venezia che oggi chiude i battenti.

Ed è una reazione paradossale da parte di chi avrebbe potuto usare questo film come denun­cia dei «mala tempora», magari in chiave antiberlusconiana vi­sto che c’è ancora chi fischia il marchio Medusa. Invece sono stati in molti a chiedersi perché a Un giorno speciale , prodotto da Carlo Degli Esposti, fossero sta­te aperte le porte del Concorso e tra questi c’è Marco Giusti che su Dagospia ha inoltre definito il film un «Moccia de sinistra». Un discorso che, per la verità, ha toc­cato anche altri film qui al Lido ma che comunque evidenzia una debolezza per una pellicola tutta incentrata sulla giornata speciale di due ragazzi di una pe­riferia romana. Gina (l’esordien­te Giulia Valentini) deve incon­trare un politico per una racco­mandazione nel mondo dello spettacolo. Ad accompagnarla trova la mattina sotto casa Mar­co (il quasi esordiente Filippo Scicchitano, il protagonista di Scialla! ) al primo giorno di lavo­ro come autista dell’onorevole Balestra. Il quale rimanda sem­pre l’incontro per impegni im­previsti. Per tutta la giornata i due vagheranno per Roma,cono­scendosi e un po’ innamorando­si, con la spensieratezza e la leg­gerezza di quando erano adole­scenti. Ma l’arrivo, la sera, nel­l’ufficio del politico, un deputa­to abbastanza giovane con cui lei baratterà un’ipotetica carrie­ra nello spettacolo con un rap­porto orale, segnerà il passaggio alla realtà,all’età adulta e alla di­sillusione dei due.
Tratto dal bel romanzo dell’at­tore e regista Claudio Bigagli
Il cielo con un dito (Garzanti), Un giorno speciale scritto dalla regi­sta con Giulia Calenda sceglie di non andare fino in fondo nella storia, rischiando così di rimane­re una favoletta moralistica e non morale, diversamente dalla pagina scritta dove la protagoni­sta arriverà addirittura ad ucci­dere il politico.

E se nel libro tro­viamo l’onorevole in un ministe­ro nel cosiddetto Colosseo Qua­drato di mussoliniana memoria all’EUR, Francesca Comencini decide invece di portarci a po­chissimi metri da Palazzo Gra­zioli, la cui immagine è immedia­tamente richiamata, ossia a Pa­lazzo Valentini, sede della Pro­vincia di Roma presieduta da Ni­cola Zingaretti del Pd, probabile futuro sindaco della Capitale che da Veltroni ha imparato l’ar­te di fare politica con il cinema. «Ma - prova a difendersi la regi­sta - dovunque io avessi girato quella scena voi ci avreste visto palazzo Grazioli perché ormai è entrato nella testa della gente. Però io ci tenevo a ritrarre un po­litico diverso da Berlusconi, co­me età, come fattezze, perché la riflessione deve andare oltre».

La sensazione però è che il film giunga fuori tempo massi­mo­o comunque non riesca a rap­presentare una realtà, quella dei favori sessuali vecchia come il cucco, utilizzando magari an­ch­e qualche invenzione cinema­tografica e non solo come base le intercettazioni di Repubblica .
Proprio da questo giornale arri­va la peggiore stroncatura che Francesca Comencini potesse ri­cevere, servita da Curzio Malte­se paradossalmente come un elogio: «È un film che non c’en­tra con la Mostra del Cinema ma che sarebbe una bellissima fic­tion ».

A dimostrazione che gli auto­ri, piuttosto che tentare di (re)in­ventare un mondo, sembrano presi maggiormente dalle vicen­de, ad esempio, di Noemi Letizia («Mi ha colpito molto che abbia la stessa data di nascita di mia fi­glia » dice Francesca Comenci­ni), a cui s’ispira il personaggio della madre - novella «Bellissi­ma » - che trucca, pettina e veste la figlia consapevole dell’inevita­bile rito di passaggio.

Così il viag­gio, dalla periferia verso il cen­tro, dei due ragazzi la cui asprez­za recitativa non è sinonimo di verità attoriale, finisce per ave­re, nonostante la splendida foto­grafia di Luca Bigazzi, uno svi­luppo un po’ piatto, senza guiz­zi, appesantito da un’onnipre­sente musica.

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