L'anno cinematografico che si è appena concluso è stato, a dir poco, negativo. Non lo scriviamo per pessimismo, ma dati alla mano. Rispetto al 2016, i cinema hanno staccato il 12,38% in meno di biglietti. Il che, tradotto in euro, che è la lingua parlata da tutti (produttori, esercenti, addetti ai lavori), significa un ammanco di circa 77 milioni nelle casse (11,63% in meno). E se volessimo trovare un colpevole assoluto di questo bilancio finale disastroso, dovremmo cercarlo in casa nostra, perché a fallire miseramente all'esame di chi paga l'ingresso è stato proprio il cinema italiano. Quello del pubblico nostrano è stato un autentico fuggi fuggi dalla produzione tricolore, tanto che la quota incassi è letteralmente crollata, in un anno, dal 29,05% di dodici mesi fa al misero 17,64% del 2017. In compenso, sono aumentati i film italiani (ben 218 su 536 totali). Certo, il primo pensiero va a Checco Zalone. Nel 2016, trionfava nelle sale il suo Quo Vado, capace di staccare biglietti per 65 milioni di euro. Però, finiamola di trattare i film di Zalone a mo' di caso a parte, come se i suoi dati falsassero il mercato. Devono entrare a pieno titolo nel novero del conto totale e, semmai, rimarcare come, in Italia, non ci siano altri capaci di emulare, anche solo in parte, la sua bravura. Però, la matematica non è un'opinione e come ha giustamente sottolineato anche Robert Bernocchi, il maggior esperto, in Italia, di analisi dei flussi dati cinematografici, se togliessimo dai 190 milioni incassati, nel 2016, da film italiani, i 65 di Zalone, avremmo comunque un risultato superiore ai 102 milioni raccattati nella passata annata. Quindi, Checco o non Checco, il problema che ha portato a questa disaffezione è un altro, tenendo, però, presente che in un paese simile al nostro, come la Spagna, la quota di film iberici è stata ancora più bassa (14%). Idem, in Germania. Insomma, mal comune, mezzo gaudio. Certo, le commedie, nel bene o nel male, sono il motore del nostro prodotto e la gente, pur a scartamento ridotto, ha mostrato, anche nel 2017, di preferirle a quel cinema d'autore che, da noi, fa fatica a imporsi, non riuscendo a staccarsi dalla solita quota di incassi. Per dire, il risultato più alto, tra i film non da ridere, è stato quello di The Place (4.316.894 euro), l'interessante operazione di Paolo Genovese. Poi, ottime soddisfazioni hanno dato il giallo La ragazza nella nebbia (3.704.123 euro), il poetico La tenerezza di Gianni Amelio e Fortunata, l'unica tra le pellicole festivaliere ad ottenere riscontro anche nelle nostre sale. Solo quattro film d'autore che hanno superato i 2 milioni di euro; un po' poco.
Ora, tenendo conto che in questo scenario di crisi, i film Usa, da noi, hanno aumentato la loro quota dal 55,65% del 2016 al 66,28% del 2017, passando dai 368 milioni del 2016 ai 387 milioni del 2017, il mea culpa lo devono recitare solo gli autori di casa nostra. Che, evidentemente, parlano un linguaggio che lo spettatore o non capisce o, come più probabile, è stufo di sentir ripetere.
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