Quel «gesto» segreto fra Almirante e Berlinguer

Luigi Mascheroni

Oggi i fascisti, più presunti che reali, editori «vicini» a CasaPound o ali estreme leghiste, e gli antifascisti, più da passerella che da battaglia, i «Bella ciao» da salone domenicale o i pamphlettisti alla Murgia&Raimo, nemmeno si guardano da lontano, altro che parlarsi, se no scattano risse e censure. Eppure ci fu un tempo - quando il fascismo e l'antifascismo erano cose serie - in cui due irriducibili avversari, il «Rosso» e il «Nero», pensarono di fare fronte comune contro un nemico peggiore: l'ondata terrorista che stava travolgendo il Paese. Erano gli anni '70, e accadde qualcosa di cui si sa pochissimo, giusto un episodio, un «gesto», ma attorno al quale si possono fare ipotesi clamorose, e storicamente attendibili.

E l'episodio, perso nelle cronache del tempo, lo racconta la firma del Fatto Antonio Padellaro nel pamphlet Il gesto di Almirante e Berlinguer (PaperFirst) dando corpo a un'esile «voce»: che i due Segretari, dell'Msi e del Pci, tra il '78 e il '79 s'incontrarono segretamente un pugno di volte, in una stanza riservata di Montecitorio, al venerdì, quando era deserto, finiti i lavori parlamentari. Da soli. Restavano fuori persino i loro fedelissimi, i due portavoce Antonio Tatò e Massimo Magliaro, unico ancora vivo. Ignoriamo cosa si dicessero. È probabile che i due nemici (senza odio: Almirante nell'84 sfidò tutti entrando nella camera ardente di Berlinguer «per salutare un uomo estremamente onesto») si scambiassero informazioni sui terroristi rossi e neri che in quel momento tenevano l'Italia sotto scatto. Un'«alleanza» per non farsi schiacciare nella morsa dell'estremismo, il cui sangue poteva imbrattare i due partiti, punti di riferimento delle rispettive ali più ideologizzate.

Non sappiamo le reali conseguenze di quegli incontri. Ma sappiamo che il gesto tra Berlinguer e Almirante ebbe, allora, un valore concreto (farsi trovare pronti) e, oggi, uno simbolico. Insegnarci che anche fra nemici la politica può essere nobile.

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