Giganteggia Glenn Close, una moglie nell'ombra

di Björn Runge con Glenn Close, Jonathan Pryce, Christian Slater, Max Irons

Bizzarro che nell'anno nel quale non sarà assegnato il Nobel per la Letteratura, per una storia di accuse di molestie sessuali che ha coinvolto anche l'Accademia svedese, esca un film che riguarda proprio l'assegnazione di questo prestigioso premio. Che a qualcuno, alla fine della visione, saprà di già visto, dato che, di recente, due pellicole, precisamente «Big Eyes» di Tim Burton e, soprattutto, «Un amore sopra le righe» di Nicolas Bedos, raccontavano vicende similari. Siamo nel 1992 e Joe, romanziere famoso, mentre è a letto con sua moglie Joan, viene svegliato da una telefonata: «Complimenti, ha vinto il premio Nobel per la Letteratura». I due coniugi saltano di gioia sul letto e fanno i bagagli per andare a Stoccolma. Con loro, viaggiano anche il figlio David, che ha ambizioni di diventare scrittore come il padre (che, però, non approva il suo stile, criticandolo aspramente) e Nathaniel, una sorta di biografo non ufficiale che sta per pubblicare una biografia, intrisa di veleno, sul famoso romanziere. E' in territorio svedese che, con l'approssimarsi della serata di premiazione, vengono fuori i lati nascosti della coppia. Lui è uno che insegue ogni gonnella, infischiandosene della sua e altrui età. Lei, dietro i suoi apparenti silenzi e sguardi, cova rancore e rabbia. Per cosa? Lo fa intuire il biografo, affrontando la donna: come mai gli scritti giovanili di Joe sono poca cosa, mentre l'unico racconto vergato da Joan, in gioventù, è somigliante in maniera impressionante allo stile di scrittura dei romanzi premiati? Non sveliamo la verità, per non togliere il gusto della sorpresa allo spettatore. Un film dal taglio decisamente teatrale, costruito sui dialoghi (belli) e, soprattutto, sulle spalle di una gigantesca Glenn Close, meravigliosa moglie tormentata, che vive all'ombra del famoso consorte.

Jonathan Pryce, il marito premiato, le tiene testa, dando vita a duetti da grande accademia. Una pellicola per un pubblico maturo, capace di apprezzare le doti di artisti di questo straordinario livello. Apprezzabile anche Christian Slater, l'infido biografo.

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