Cultura e Spettacoli

Giovanni Lindo Ferretti: manie e passioni del grande egocentrico

In un libro il tormentato rapporto tra il leader di CCCP-CSI e il chitarrista Massimo Zamboni. Che poi se ne è andato...

Giovanni Lindo Ferretti: manie e passioni del grande egocentrico

Quando si dice una band di culto. Dall'avventura dei CCCP di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni sono scaturiti forse più libri che dischi e oggi, a ben ventiquattro anni dallo scioglimento del gruppo rock più originale e più mistico d'Italia, ecco una nuova biografia, Quello che deve accadere, accade (Giunti), e senza nulla togliere alle altre è la più biografia di tutte sia per le dimensioni perfino eccessive (286 pagine di formato grande) sia perché finalmente al chitarrista Zamboni, sempre un passo indietro sia sul palco che giù dal palco, viene dato grosso modo lo stesso spazio che al carismatico cantante Ferretti. Michele Rossi prima che un biografo è un fan e non si vergogna di mostrarsi innamorato dei suoi idoli come un adolescente. Dei due musicisti reggiani sa molte più cose non solo di quanto ne sappia io, che pure li conosco personalmente da molti più anni di lui (anch'io abitavo a Reggio, anch'io mi occupavo di musica): secondo me sa perfino più di quanto ne sappiano o si ricordino loro. Ha letto tutte le dichiarazioni, tutte le testimonianze, tutte le interviste, anche quelle apparse sulle rivistine più carbonare, e sembra conoscere a memoria ogni parola cantata, gridata, salmodiata da Ferretti nel corso dell'ormai lunga carriera: le canzoni firmate come CCCP e il repertorio delle sigle successive, CSI e PGR (quest'ultima senza il socio storico).

Ma oltre a innumerevoli dettagli che cosa si scopre di sostanziale in questa bi-biografia dei Lennon-McCartney dell'Appennino reggiano? La nascosta letterarietà dei testi e la pesante disuguaglianza fra cantante e chitarrista. Ferretti ha sempre giocato al montanaro di scarpa grossa, si è sempre dichiarato selvatico e barbarico, e magari qualche ingenuo potrebbe confonderlo con Mauro Corona, per fortuna Michele Rossi ha analizzato i testi delle canzoni mettendo in fila un mucchio di citazioni, assonanze, riferimenti colti: gli autori biblici, Spengler, Maritain, Malraux, Fenoglio... Fino ad Antonio Delfini, altro irregolare di queste parti che negli anni Cinquanta scrisse «Vorrei che tu mi armassi la mano / per incendiare il piano padano», poesia che trent'anni dopo si riversò nel potente inno punk Rozzemilia. Ci voleva Rossi per svelarlo: non per nulla lavora come italianista nella facoltà di lettere dell'università di Firenze. L'altra scoperta: che i rapporti di forza all'interno del gruppo fossero a favore di Ferretti era evidente a chiunque avesse visto anche una sola copertina, un solo video, ma Quello che deve accadere, accade evidenzia come non mai il potere, forse pure la prepotenza, che il cantante ha esercitato sul chitarrista e sugli altri compagni di palco. Quando gli veniva il capriccio della Mongolia tutti dovevano partire per la Mongolia, se invece lo prendeva la mania per la ex-Iugoslavia ecco che bisognava precipitarsi a Mostar, anche a costo di suonare davanti a quattro gatti. Durante una sbandata, grazie a Dio breve, per i culti orientali, richiese a tutti i musicisti di intonare insieme il mantra «Om Mani Padme Hum». Sai dove lo mandavo, il mio amico Ferretti (perché Ferretti lo considero un amico oltre che un maestro in tante grandi cose), se avesse cercato di impormi una simile buddanata.

Il povero Zamboni subiva, subiva sempre. Subì anche la svolta cattolica, beninteso buona e giusta, e da lungo tempo incubata, dei testi. Un giorno Ferretti volle trasformare gli straordinari CSI in band di supporto per un tour dell'ordinario Jovanotti: Zamboni si oppose, cercò di evitare l'assurda umiliazione ma non ci fu nulla da fare. Quando la coppia infine scoppiò, disse: «L'egocentrismo di Giovanni Lindo mi stava schiacciando e così ho deciso di farmi da parte. Certo, lui si è tenuta la torta e a me, invece, sono rimaste solo le briciole di quello che abbiamo fatto in questi anni». Il cristiano solidarizza sempre con la vittima e il libro di Michele Rossi mi spinge verso il sinistrorso Zamboni piuttosto che verso il cattolico ratzingeriano Ferretti.

Senza però dimenticare che di chitarristi ce ne sono altri e di poeti-profeti capaci di scrivere Io sto bene, Annarella, Del mondo, M'importa 'na sega, Tu e io, Cronaca montana, soltanto uno.

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