Cultura e Spettacoli

Hanson, il regista del lato più oscuro di Hollywood

Aveva 71 anni. Criticato per i suoi thriller, fino all'Oscar per «L.A. Confidential»

Hanson, il regista del lato più oscuro di Hollywood

Il suo L.A. Confidential (1997), denso film noir con un cast di stelle da Kevin Spacey a Kim Basinger e Danny DeVito -, ambientato nella torbida Los Angeles degli anni Cinquanta, rivelò la bravura di Russell Crowe. Un successo popolare, con i suoi 126 milioni di dollari al box office mondiale, che il 71enne Curtis Hanson, regista di quel lavoro premio Oscar morto d'infarto martedì nella sua casa di Hollywood, aveva tratto dall'omonimo romanzo di James Ellroy, adattandolo per il cinema insieme a Brian Helgeland. Ci fu un Oscar anche per Kim Basinger (migliore attrice non protagonista, mentre Hanson, che era candidato anche alla regia, vinse quello per la migliore sceneggiatura non originale), indimenticabile come escort sosia di Veronica Lake, che fa perdere la testa ai potenti hollywoodiani e al tenace detective Bud White, impersonato dal «Gladiatore» alla sua prima prova importante.

Hanson, autore di Il fiume della paura (1994), Wonder Boys (2000), 8 Mile (2002) e In Her Shoes. Se fossi lei (2005), ormai si era ritirato dalla scena: soffriva di Alzheimer. Un duro colpo per la sua mente brillante, capace di combinare insieme stili e attori diversi. Come quando arruolò il rapper hip-hop Eminem, per calarlo nella storia di povertà e di disagio raccontata in 8 Mile, il maggior successo commerciale di Hanson, con 242 milioni di dollari al botteghino.

Nato il 23 marzo 1945 a Reno, città del Nevada famosa per i matrimoni-lampo, l'autore era cresciuto nella «Città degli Angeli», dov'era approdato nei Settanta per lavorare come fotografo, scrittore e redattore di riviste di cinema, inserendosi nel gruppo artistico-hippy di San Fernando Valley. «È stata quella la mia scuola», ripeteva spesso nelle interviste. Ma fu il thriller psicologico La mano sulla culla (1992) il suo primo, vero successo, dove narrava i misfatti d'una governante assetata di vendetta, interpretata dal premio Oscar Rebecca De Mornay. Di fatto, ad Hanson piaceva esplorare le più inconfessate nevrosi dell'animo umano, fino a sfiorare l'«horror» e la psicopatia, come in Cattive compagnie (Bad Influence, 1990), col fascinoso malato di mente Rob Lowe. L'attore su Twitter ha scritto: «È stato un onore lavorare con lui. Così affascinante, gentile e grande narratore di storie. Mi mancherà».

Da bravo self-made man, uso a mischiare generi e interpretazioni, impiegò una strepitosa Meryl Streep per indagare tra le nevrosi familiari in Il fiume della paura, affidando poi alle sexy Cameron Diaz e Toni Collette lo scabroso tema della rivalità tra sorelle (Se fossi lei), risolto da nonna Shirley MacLaine. «Ogni personaggio va alla ricerca di se stesso, si guarda dentro e ne prova terrore», spiegò parlando del suo debutto cinematografico, Sensualità morbosa (1974), dove Tab Hunter, ex-idolo delle adolescenti anni Cinquanta, diventa un sessuomane psicopatico. «Ho sempre voluto indagare sulle differenze tra realtà e illusione e sul perché la gente appare in un modo e, poi, è in un altro. Ovviamente Hollywood, la città delle illusioni, mi calza a pennello».

Nel 2011, il regista aveva diretto un film sulla crisi finanziaria per la Hbo, Too Big to Fail e nel 2012 Chasing Mavericks, con Gerard Butler. Non che Hanson, prima di L.A. Confidential, fosse un beniamino della critica, che lo riteneva uno specialista di thriller usa-e-getta. Soltanto dopo vent'anni di prove riuscì a fare il film che voleva, appunto L.A. Confidential e la critica proclamò, all'unisono, che si trattava del miglior thriller di sempre, dopo Chinatown di Roman Polanski. «Ce l'ho messa tutta, per anni. Ero paralizzato dalla paura di non farcela.

Ora mi sono liberato: meglio tardi che mai!», rivelò a Variety dopo aver ricevuto l'Oscar.

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