Il Théâtre des Italiens, la comédie italienne, la galleria degli italiani al Louvre... La via che collega la nostra cultura a Parigi, e viceversa, è un lunghissimo Boulevard des Italiens che passa, seppure non geograficamente, dal Père-Lachaise, dove tutto finisce. Un cimitero. Seppure - come insegna Jim Morrison, che qui è ospite illustre dal luglio 1971 - «Non bisogna aver paura della morte. Fa meno male della vita». Parce sepulto.
Sapete quanti sono gli italiani illustri - pittori, scrittori, circensi, pasticceri, cantanti, compositori, anarchici, fotografi, editori, avventurieri, esploratori - sepolti nel più grande cimitero di Parigi intra muros e uno fra i più celebri nel mondo? Sessanta. No, anzi. Quando si parla di morte meglio esser precisi: sessantuno personalità - italiane o francesi di origine italiana - che abitano la ville des morts del Père-Lachaise, simbolo monumentale della profonda fusione artistica tra Italia e Francia. Mai visto due sorelle che si malsopportano da secoli, volendosi così bene.
Cimiteri, necropoli, sepolcri... Sono i luoghi dove vive la memoria di una civiltà. Qui ce ne sono due. Latine, simili, diversissime, ma inseparabili. Ed ecco l'idea - per integrare post mortem le due culture - di mappare tutte le presenze dei grandi italiani in terra sacra di Francia. Uno straordinario volume, bilingue, promosso dal Comites di Parigi in collaborazione con il Consolato generale e il sostegno della Direzione generale per gli italiani all'estero, dal titolo L'Italia del Père-Lachaise. Vite straordinarie degli italiani di Francia e dei francesi d'Italia (Skira), curato da Costanza Stefanori, con presentazione firmata dal ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio (ma scritta da qualche attaché) con l'obiettivo di ricordare il profondo legame di amicizia tra i due Paesi, ultimamente mai così gelosi l'uno dell'altro. E per non perdersi nei sentieri tortuosi dei sentimenti di sorellanza, rivalità, grandi affetti e piccole invidie, ecco anche una dettagliatissima cartina allegata con le tombe italiane del Père-Lachaise. Si dice tourisme de cimetière.
Il cimitero Père-Lachaise è immenso, e ritrovare tutte le storie degli Italiens illustri - italiani di origine, ma anche italiani di cuore - non è stato facile. Ma eccole qui... Alcune sono stranote (quelle dei musicisti Bellini e Rossini, dei quali in verità qui ci sono i cenotafi, o di Amedeo Modigliani, sepolto accanto alla sua compagna, la ventitreenne Jeanne Hébuterne che il giorno dopo la morte del pittore, nel gennaio 1920, incinta al nono mese, si gettò dal quinto piano della casa dei suoi genitori), altre sono icone transnazionali, come Ivo Livi/Yves Montand (fu italiano di Francia o francese d'Italia?), mentre altre ancora sono quasi dimenticate, eppure bellissime. Come la storia di Serge Belloni (1925-2005), piacentino figlio di impiegati in fuga a Parigi, studi all'École nationale des Beaux-Arts e diventato il «più parigino dei pittori non parigini di nascita», ma la sua vera cittadinanza fu la pittura: tomba incolore, En plein air. O quella di Ricciotto Canudo (1877-1923) che da Gioia del Colle (Guillaume Apollinare lo soprannominò «le Barisien fort parisien») arrivò a frequentare i gruppi dell'avanguardia letteraria e artistica della capitale francese e - poeta, romanziere, giornalista - divenne il primo intellettuale a elaborare un pensiero critico e sistematico sul cinema, per cui coniò il termine, diventato di riferimento, «Settima Arte»: Belle Époque e film meravigliosi. O quella dei Bugatti (nel settore 97 spicca una semplicissima stele con il nome della famiglia): Carlo (1856-1940), pittore, scultore, gioielliere, oggi diremmo designer, creatore di mobili straordinari; e i figli Ettore (1881-1947), fondatore della casa automobilistica, il più grande progettista della sua epoca e Rembrandt (1884-1916), scultore originalissimo, specializzato nella rappresentazione dal vivo di animali, soprattutto esotici (il suo Elefante danzante fu ripreso dal fratello per la creazione del tappo del radiatore della celebre Bugatti Royale), talento sensibilissimo e fuori da ogni canone artistico, uccisosi inalando gas nel suo studio a Montparnasse, dopo aver pregato nella chiesa della Madeleine. O quella - da scriverci un libro - di Enrico Cernuschi (1821-1896), Henri per i francesi, anche se era di Monza, il quale non si sa se ebbe più ideali o più vite: fu patriota e combattente per la causa dell'Unità d'Italia (si fece le Cinque giornate di Milano sulle barricate, per dire), poi brillante uomo di affari, diventato a Parigi banchiere ricchissimo, e infine viaggiatore e collezionista appassionato di arte orientale (da cui l'attuale Musée Cernuschi, VIII Arrondissement). O, ancora, quella di Jacques e Ferdinand Corvi, padre e figlio, animatori del famosissimo (all'epoca, tra fine Ottocento e primi Novecento) teatro-circo in miniatura Corvi, una fiera ambulante per i quartieri popolari e operai di Parigi, poi diventata stabile, dove si esibivano animali addestrati di piccola taglia: pony argentini, cani, capre, scimmie... Socialismo, anarchia e divertissement...
Dentro al Père-Lachaise, un gigantesco libro di pietra che racconta la Morte, ci sono mille vite. Quelle, da una parte, dei molti pittori italiani che tra la fine dell'Ottocento e l'occupazione tedesca della città, trovarono a Parigi la capitale culturale del pianeta (dal già citato Modigliani in giù), e quelle, dall'altra, dei tanti fuoriusciti antifascisti: qui si trova la tomba di Piero Gobetti, morto nel 1926 a 25 anni, quella di Aurelio Orioli e del suo amico Ferdinando Bosso, quella di Andrea Caffi, e anche il cenotafio dei fratelli Nello e Carlo Rosselli, uccisi nel 1937 a Parigi, dove vivevano in esilio. Da un lato l'arte, da un lato la politica. In mezzo scorrono tutte le altre esistenze, toccate dal genio, il talento, l'originalità. Nel settore 35 giace Antonio Franconi (1737-1836), cavallerizzo che portò per primo il circo in Francia. Nel settore 53, in una tomba ornata da una splendida Pietà scolpita da Francesco Messina, Cino Del Duca (1899-1967), leggendario editore (da Grand Hôtel all'Intrepido, fino a Secret de femmes) e produttore cinematografico (Accattone di Pier Paolo Pasolini, ad esempio, o L'avventura di Michelangelo Antonioni) e persino mecenate e filantropo. Nel settore 41 riposa Gian Domenico Facchina (1826-1903), il più famoso mosaicista del suo tempo (con tomba decorata da mosaici in tessere d'oro). Nel settore 48 la famiglia di pasticceri e gelatai Tortoni. Nel 21 il mitico Willy Rizzo (1928-2003), fotografo napoletano che - fra il festival di Cannes, Paris Match e Vogue - conquistò il jet set internazionale e le donne più belle che sfilavano per Parigi.
E nel settore 54, dove si fa beffe di tutto e di tutti, Achille Zavatta (1915-93), con l'accento alla francese, il cui nonno lasciò l'Italia agli inizi del Novecento mentre lui, venuto al mondo in un piccolo porticciolo della Tunisia, La Goulette, divenne premier clown de France. E ancora se la ride.
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