"Per lavorare mi tocca fingere di non essere madre"

L'attrice protagonista della fiction da domani su Raiuno "Non dirlo al mio capo"

"Per lavorare mi tocca fingere di non essere madre"

E se un giorno le proponessero d'interpretare una serial-killer?

«Oh Dio si spaventa lei - Non saprei nemmeno da dove si comincia, a fare la cattiva». Siamo seri: con quel sorriso che irradia dolcezza e trasuda innocenza, chi potrebbe immaginarsela poco meno che radiosa? È proprio grazie alla sua solarità, oltre che ad un crescente talento d'attrice, che Vanessa Incontrada interpreta una fiction dietro l'altra. Dopo i successi di Un'altra vita e Anna e Yusef (e in attesa di Scomparsa, sul dramma dei rapimenti) da domani la troveremo in altre sei puntate targate Rai, sempre incentrate sulla positività del personaggio. «La serie s'intitola Non dirlo al mio capo, e parla di Lisa, giovane vedova con due figli a carico, improvvisamente costretta a rimboccarsi le maniche. Ma ai colloqui di lavoro, nel curriculum di una giovane donna, c'è un requisito che vale più di tutti gli altri: niente figli!».

E allora?

«E allora la povera Lisa, che come regola di vita ha quella delle tre esse (Sincerità, Serenità, Sicurezza) sarà costretta a fingere di non essere madre. Così ad ogni emergenza dei pargoli una febbre improvvisa, la recita scolastica, una visita medica - dovrà arrampicarsi sugli specchi, per mantenere il proprio lavoro».

Il racconto leggero, diretto da Giulio Manfredonia e prodotto dalla Lux Vide, di un tema invece serissimo.

«E più che mai attuale. Prima di divenire mamma pensi solo a te stessa. Dopo pensi solo a lui. E' un cambio di prospettiva totale, e che in una società che dà più valore ad un viaggio in Tibet che ad un figlio, sembra inconciliabile».

Anche a Vanessa Incontrada sono capitate difficoltà sul lavoro, dopo la maternità?

«Beh: ora, ogni volta che arriva una nuova proposta per prima cosa chiedo: a che distanza da casa giriamo? Per quanto tempo? Poi, sul set, spesso ogni tanto devo alzare la mano: mio figlio piange. Che faccio?».

Riguardo il rapporto fra donna e lavoro la sua nuova eroina è inadeguata e pasticciona. Lei?

«La mia è una famiglia matriarcale da generazioni. Mia nonna fu abbandonata dal marito con due figli; mia madre si separò anche lei con due ragazzini. A casa mia lottare per la vita è cosa di tutti i giorni».

Lei recita ormai in un italiano fluentissimo. Nessuno sospetterebbe le sue origini iberiche.

«In realtà ho un retroterra alquanto vario. Mio padre è romano, mia madre napoletana; ho un nonno catalano e un altro basco. Mentre il mio cognome è calabrese. Ho frequentato una scuola italiana in Spagna. Ma vivendo in Italia da anni, quando torno in Spagna, commentano stupiti: Ma come parli?».

Tornando ai ruoli che le propongono: non sarebbe ora di provarsi anche su un versante un

più oscuro?

«Interpretare una cattiva, dice? Non ci ho mai pensato; non so nemmeno se sarei in grado. Però poi penso a Pupi Avati, che mi prese per Il cuore altrove quando non sapevo nemmeno aprire bocca. E ce l'ho fatta».

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