Lezioni di strategia, da Serse al Vietnam

Lezioni di strategia, da Serse al Vietnam

Cos'è la strategia? Se lo sono chiesto in tanti però è difficile trovare una risposta univoca. Ci prova il premio Pulitzer John Lewis Gaddis nel suo Lezioni di Strategia (Mondadori, pagg. 360, euro 22). Gaddis è docente di storia all'università di Yale, e il suo terreno d'elezione sono le vicende della Guerra fredda. Ma ha insegnato anche ai militari dell'esercito Usa e al Naval War College di Newport. Quindi il suo approccio è molto concreto, anche se dotto. Ad esempio sareste capaci di enucleare tutte le similitudini che ci sono tra la guerra del Vietnam e la guerra del Peloponneso? Beh lui sì e vi dimostra come gli sbagli che trascinarono in quel rovinoso conflitto gli Ateniesi non sono così diversi da quelli commessi dalle amministrazioni statunitensi che si fecero invischiare nel conflitto asiatico.

Volete invece capire quali sono le vere virtù di un comandante? Gaddis lo fa capire a voi e ai suoi allievi, con le stellette e senza, prendendo in esame le scelte di Serse durante la Seconda guerra persiana. Niente più della tetragona volontà del re persiano aiuta a capire che «i comandanti devono saper distinguere tra ciò che possono fare e ciò che devono accettare, fidandosi delle proprie capacità di previsione soltanto nella misura in cui le circostanze lo concedono». I grandi comandanti non riplasmano il mondo, lo interpretano.

Gaddis parte dall'antichità - passando dalla Grecia alla saggezza attribuita a Sun Tzu - per poi prendere in esame Augusto, le teorie di Machiavelli, Lincoln e i grandi strateghi del Novecento, sino a portarci al presente. Da ogni condottiero estrae una lezione. Ma la cosa più particolare del saggio è il suo essere molto letterario. Nelle citazioni si passa facilmente da Henry Kissinger a Tolstoj, da Clausewitz a Jane Austen. Vi stupirà vedere quante implicazioni strategiche è possibile estrarre da Guerra e pace del grande scrittore russo.

La radice della

strategia è, infatti, la capacità «ecologica» di guardare il mondo dall'alto, come nella narrazione di un autore di vaglia, e tenere assieme gli infiniti casi senza cercare di forzarli ma sfruttandoli a proprio vantaggio.

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