Quando il punto di partenza è un bestseller piuttosto ben scritto, magari di quelli con tanti personaggi, la giusta spruzzata di sangue e un piglio epico, la serie televisiva derivata può avere una marcia in più. È quello che devono aver pensato i produttori Roma Downey and Mark Burnett quando hanno deciso di creare una miniserie in dieci episodi tratta proprio dalla Bibbia e prodotta da History Channel. Il pubblico, negli Usa, ha dato loro ragione: il primo episodio è stato visto da 13 milioni di spettatori, l'intero decalogo da un totale di più di cento milioni. Merito un po' anche della pubblicità gratuita arrivata dai predicatori a stelle e strisce: nei sermoni di tantissime chiese e congregazioni è finito anche il consiglio di guardare la miniserie. E dove non sono arrivati i pastori di anime è arrivato lo «scandalo». A far discutere due particolari: i tratti molto caucasici di Gesù, non proprio aderenti al contesto mediorientale, e l'attore marocchino Mohamen Mehdi Ouazanni, per interpretare Satana. Ouazanni presenta una certa somiglianza con Barack Obama. La cosa naturalmente non è piaciuta all'elettorato progressista. Tant'è che dopo le prime puntate, in seguito alle proteste, Satana è finito fuori copione.
Ora La Bibbia arriva, in prima visione assoluta, anche in Italia. A partire da domani, «riorganizzata» in cinque prime serate, su Retequattro, per terminare a Pasqua. E davvero History Channel per questa «sacra rappresentazione» ha fatto un investimento enorme: un budget di 22 milioni di dollari, una troupe di 400 persone e un team di 47 esperti tra sceneggiatori, teologi, storici. Imponente anche il lavoro sugli effetti speciali.
Il risultato? È molto spettacolare e d'impatto, tanto più che si trattava di confrontarsi anche con pietre miliari del cinema come La Bibbia (The Bible: in the beginning) di John Huston. Insomma forse è il prodotto di History più hollywoodiano di sempre. Su questo versante, infatti, è probabile che gli spettatori restino contenti. Qualche esempio. La Genesi che poteva essere una partenza un po' lenta riduce la creazione ad una serie di immagini, quasi dei tableaux vivants, che fanno da sfondo a ciò che Noè racconta ai figli nell'arca (arca che stazza poco meno di una portaerei nucleare). Poi si passa subito ad Abramo che mette mano alla spada per salvare il nipote Lot in una battaglia notturna da far invidia a 300. Ecco, il versante «combat» che pure nell'Antico testamento non manca, basta pensare al celebre scontro tra Davide e Golia, in questa trasposizione viene esaltato. I due angeli nella città di Sodoma che salvano il giusto Lot, dopo averlo messo alla prova, sotto i mantelli sono due bestioni catafratti che segano a fette i sodomiti con fendenti che neanche il gladiatore di Russell Crowe (che contrasto con l'efebico Peter O'Toole che fece l'angelo nella versione di Huston). E persino Mosè quando non sa ancora di essere destinato a liberare gli ebrei tira di scherma col faraonico fratellastro.
Il clima diventa meno steroideo nella parte, molto ampia, dedicata al Nuovo Testamento dove, invece, si sente l'eco di The Passion di Mel Gibson. E sono forse queste puntate le più riuscite, data anche la minor necessità di condensare la narrazione.
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