L'inconscio? Si annida nella molecola del benzene

di Cormac McCarthy

Lo chiamo il Problema di Kekulé perché tra le miriadi di problemi scientifici risolti nel sonno, quello del ricercatore Kekulé è probabilmente il più noto. Egli stava cercando di configurare la molecola del benzene, quando si addormentò davanti al camino ed ebbe quel famoso sogno del serpente che si mordeva la coda, formando un cerchio, e si svegliò, esultante: «È un anello. La molecola ha la forma di un anello». Bene. Il problema, è ovvio, è capire perché se l'inconscio conosce perfettamente il nostro linguaggio, non risolve il problema rispondendo alla domanda di Kekulé con qualcosa del tipo: «Kekulé, tranquillo, è un anello». Perché il serpente? O meglio, perché l'inconscio non ci parla? Perché parla per immagini, metafore, disegni? Perché i sogni?

Un principio logico per cominciare sarebbe quello di definire che cosa sia l'inconscio. Per farlo, dobbiamo accantonare il gergo della psicologia moderna e riferirci alla biologia. L'inconscio è prima di ogni altra cosa un sistema biologico. Più precisamente: l'inconscio è una macchina per far funzionare gli animali. Tutti gli animali hanno un inconscio. Se non l'avessero, sarebbero piante (...).

L'inconscio sembra sapere molte cose, ma cosa sa di sé? Sa che dovrà morire? Che cosa pensa della morte? Può risolvere diversi problemi in una volta? Sa solo quello che diciamo? O è più plausibile ha un accesso più diretto al mondo esterno? È

davvero utile per risolvere i problemi o non fa altro che correggere i nostri fallimenti? Che cosa potremmo invidiare di questa comprensione? Possiamo interrogare l'inconscio? Ne siamo certi?

(traduzione di Davide Brullo)

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