Figli d'arte

Lorenzo Greco: "Che imbarazzo far ascoltare le canzoni a papà!"

Il figlio del conduttore e speaker radiofonico Alessandro è il vocalist di una band rock TOB, collabora con una agenzia di moda, studia all'Università di Siena e per ora ha una gran voglia di fare la gavetta e pensare in grande

Lorenzo Greco: "Che imbarazzo far ascoltare le canzoni a papà!"

Due album all'attivo pubblicati su Spotify, tanti sacrifici, la consapevolezza di dover ancora fare tanta gavetta perché il rock alternativo in Italia fa fatica a farsi comprendere. Questo e tanto altro è Lorenzo Greco, figlio del conduttore e speaker radiofonico Alessandro Greco e della conduttrice ed ex modella Beatrice Bocci. Lorenzo, protagonista della nostra rubrica “Figli d'arte”, studia all'Università di Siena e collabora con una agenzia di moda a Firenze. Il suo primo amore è la musica. Entrambi i genitori sono i suoi più grandi fan e non hanno mai ostacolato il figlio nella decisione di dedicarsi all'arte.

Com'è nata la tua passione per la musica?
“Mio padre da qualche anno ha intrapreso un percorso radiofonico con RTL 102.5, questo per me ha rappresentato un punto di svolta importante perché mentre lo ascoltavo cercavo di carpire tutta la musica che girava attorno da quella italiana a quella americana...”.

Fino al colpo di fulmine...
“Un giorno passano in radio 'Take me church' di Hozier, avevo 17 anni e mezzo, ed è stato il colpo di fulmine. Quella canzone mi ha aperto un mondo. Ho subito chiesto a mio padre tutte le informazioni sull'artista, sul genere musicale. Ho iniziato a passare notti insonni a studiare l'indie rock, il folk, il soul, ho cercato di capire quei mondi musicali, di informarmi... In quel momento ho compreso che la possibilità di intraprendere un percorso musicale mi avrebbe regalato sensazioni mai avute prima”.

Come ti sei ritrovato cantante?
“Ho iniziato ad appassionarmi sempre di più alla musica, non mi ero reso conto di avere una dote che era quella di saper cantante. Un giorno, mi trovavo con alcuni amici che avevano un gruppo, mi sono ritrovato in sala prove. Mentre loro suonavano mi sono avvicinato al microfono e da lì è iniziato tutto con la mia band TOB - The Old Blossom”.

Cosa ne pensa papà delle tue canzoni?
“Scrivo soprattutto in inglese perché è una lingua che cambia molto a livello di suono rispetto all'italiano. Io ho sempre fatto ascoltare tutto a mio padre che è rimasto impressionato sin da subito per la scrittura dei testi e della musica. Sui testi sono introverso, sono testi personali e non sono propenso a spiegare le canzoni. Il fatto poi di farle ascoltare ai genitori è alquanto imbarazzante perché ti metti a nudo”.

I tuoi brani che mondo raccontano?
“Racconto le mie storie private, le relazioni, l'arte, l'amore anche se è un concetto alto e che probabilmente è un sentimento che non ho ancora vissuto e poi parlo di come viviamo noi, come gruppo, la nostra situazione. Siamo un gruppo indipendente ci sentiamo un po' soli nel mondo, facciamo tanta fatica per farci ascoltare. Vogliamo solo avere la possibilità di portare il nostro messaggio all'esterno e se la gente si identifica con il nostro messaggio, allora vorrà dire che abbiamo portato a compimento la nostra missione”.

Che consigli ti ha dato tuo padre per il tuo percorso?
“E' stato partecipe, come del resto anche mia madre, dell'evoluzione musicale. E' sempre stato al corrente di quello che abbiamo fatto, ognuno vede in maniera differente le cose. Lui ha le sue idee e noi abbiamo le nostre. Lui in maniera realistica dice che la scelta stilistica deve essere dirottata su altre sponde e in italiano. Siamo consapevoli che è difficile perché cantiamo in inglese ed è un genere – quello del rock alternativo - abbastanza di nicchia e onestamente credo che virare verso altro sia controproducente perché non saremmo noi stessi”.

Pensi che il tuo essere 'figlio d'arte' ti possa aiutare o danneggiare?
“Non ci ho mai pensato e onestamente non credo che questa etichetta possa influenzare il nostro viaggio musicale. Papà è un conduttore e uno speaker non ha comunque contatti con l'industria discografica”.

Che musica si respirava in casa?
“Mio papà è un grandissimo fan di Pino Daniele, ma si ascoltavano anche i classici stranieri come Berry White. Da quando ho iniziato a incuriosirmi e ad allargare i miei orizzonti musicali ormai quando parliamo di musica non mi faccio trovare impreparato (ride, ndr). L'altro giorno è passato in radio un cantautore bravissimo che è Lewis Capaldi. Ne abbiamo parlato e io comunque già lo conoscevo da un paio di anni. E' stato un momento di scambio davvero bello tra me e lui”.

C'è un Sanremo in vista o la partecipazione ad un talent show?
“Non escludiamo nulla. Per ora questa è la nostra strada. Sanremo lo rispettiamo per l'importanza che ha, però siamo consapevoli che il nostro stile è abbastanza lontano da quello della kermesse. Per adesso nessuno di noi ha voluto intraprendere la strada di un talent, ma i percorsi della vita sono misteriosi e non si può mai sapere”.

Qual è la vostra direzione?
“Fare tanta gavetta perché poi quando arriva il momento di dimostrare chi sei e cosa fai, se non hai un bagaglio forte alle spalle fatto di serate e ricerca di identità, secondo me fai fatica e non 'arrivi'. Ecco, papà mi ha trasmesso il valore della fatica per raggiungere un obiettivo. In tutto c'è sempre un grande lavoro dietro, non puoi saltare le tappe e non farti le ossa. Bisogna sempre avere la forza di andare avanti e avere le spalle forti. Mio padre prima di arrivare a fare il presentatore ha fatto moltissima esperienza nelle piazze d'Italia, ha fatto davvero tanta gavetta.

Io farò come lui”.



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(Foto di Caterina Gaggi)

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