Le manie, i cinque Oscar e il contratto per "Block notes", mai girato

Le manie, i cinque Oscar e il contratto per "Block notes", mai girato

Se n'è andato troppo presto, però forse non sarebbe sbagliato dire che, in fondo, non se n'è mai andato. E ieri che avrebbe compiuto cento anni, tutto il mondo ha pensato a Federico Fellini. Dal Brasile agli Stati Uniti, le celebrazioni sono infinite attraverso mostre e proiezioni. Milano lo ha ricordato con un convegno internazionale in cui la nipotina, Francesca Fabbri Fellini, è stata la cerimoniera ospitando chi, con il Maestro, ha condiviso pezzi di strada importanti. Le assistenti Fiammetta Profili e Daniela Barbiani hanno arricchito con aneddoti e racconti i retroscena della vita del regista riminese. La sua attenzione maniacale nel casting che cominciava sempre con un suo disegno sul profilo ideale da trovare per un determinato ruolo. «Aveva un debole per le tardone piacenti ma quelle che ricordava lui erano improponibili. Alcune attrici erano invecchiate troppo, qualcuna addirittura era morta. Non ne volle sapere. Continuò a custodirne le foto nel suo archivio benché ormai inutili».

Il ricordo diventa nostalgia quando la rievocazione tocca l'ultimo Oscar, quello alla carriera, ritirato pochi mesi prima di andarsene. «Fellini non voleva volare a Los Angeles, lo fece per sua moglie. Giulietta Masina ci teneva. Festeggiavano le nozze d'oro ed era la quinta statuetta. Una ogni dieci anni di matrimonio disse lei. E lui accettò. Il commento alla consegna del premio fu buffo. Il maestro aveva dimenticato gli occhiali in borsa e non riusciva a leggere il gobbo con la falsariga del discorso che aveva preparato. Improvvisò e fu molto meglio». In platea, Mastroianni, l'amico di una vita che lo aveva tranquillizzato, non smetteva di ridere per quell'innocente incidente.

Carlo Patrizi, l'avvocato di Fellini, ha ricordato l'ultimo contratto, quello stipulato con il produttore Leo Pescarolo. «Il film doveva intitolarsi Block notes: l'attore e la volontà c'era tutta. Perché prendesse l'assegno con l'anticipo dovemmo insistere. Sembrava che se lo sentisse. Il tempo stava per scadere. E l'addio per lettera a Pescarolo lo consegnai io.

Era la fine di settembre di quel dannato 1993. Un mese dopo ci ha lasciati». Una lettura commovente, mitigata solo da una canzone regalata alla nipote del maestro per ricordare lo zio. Con una bossa nova seducente. Nostalgica. Amara. Ma vera. Perché era Fellini.

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