Maria Teresa d'Austria Così «mamma Maria» rese moderna Trieste

Francesca Amé

da Trieste

Justitia et Clementia recita il motto con cui Maria Teresa d'Austria (1717-80) decise di comandare, e i nostri occhi contemporanei vi leggono una buona dose di femminile pragmatismo. Che famiglia e lavoro s'intreccino lungo il suo regno pare scritto nel destino di questa donna: designata sovrana grazie alla prammatica sanzione, successe al padre Carlo VI perché non c'erano eredi maschi disponibili in famiglia. Maria Teresa accetta un matrimonio d'interesse, come consuetudine del suo rango, per poi costruire con il marito Francesco I un'intesa amorosa invidiabile. I 16 figli furono il capolavoro familiar-geopolitico della coppia: basterebbe tracciare il quadro genealogico del casato per ricostruire la raffinata politica matrimoniale di Maria Teresa (solo le figlie: Maria Antonietta, lo sappiamo, andò sposa a Parigi, Maria Carolina a Ferdinando di Borbone, Maria Crisitina ad Alberto di Sassonia). Da Vienna, muovendosi pochissimo, «mamma Maria» tesseva attraverso i figli il suo stile di governo sul corpo di mezza Europa: una modernizzazione spiccia la sua, basata più su cambiamenti pratici che su costruzioni filosofiche.

In Italia, il miglior «laboratorio teresiano» fu Trieste. Al Magazzini delle idee, dirimpetto al porto una mostra racconta il ruolo della sovrana asburgica nello sviluppo urbano, sociale e politico della città. Maria Teresa e Trieste. Storia e culture della città e del suo porto (fino al 18 febbraio, catalogo Terra Ferma edizioni) è una mostra storica - con ritratti della dinastia asburgica prestati dal vicino Castello di Miramare, porcellane dei musei civici, tavoli d'epoca, oggetti e arazzi provenienti da The Princely Collections del Liechtenstein e, non meno significativo, un godibile supporto multimediale che narra di come Trieste, in virtù del materno sguardo di Maria Teresa, passò nel giro di pochi decenni dai cinquemila abitanti di inizio '700 ai 20mila censiti nel 1780.

Maria Teresa non mise mai piede a Trieste, ma ne intuì l'anima, quella di gente che ama il sapore del vento e del sale in faccia, ma non è tagliata per pescare. Il suo destino è di diventare un porto di interscambio, dove smerciare i prodotti più ricercati dal mercato: è la vivace borghesia degli affari a essere coccolata da Maria Teresa, ché Trieste è avamposto perfetto per tessere buoni rapporti con gli Ottomani. La sovrana ama la schiettezza basti vedere i ritratti ufficiali in mostra: nessun ritocco, nessuna agiografia, ma rughe in vista e abito nero sono la sua divisa e la sostanza. Se in tutto il regno riforma il sistema scolastico con l'istituzione delle scuole primarie, rese obbligatorie, e di quelle secondarie, a Trieste fa di più: fonda la Scuola di Nautica per insegnare alle nuove generazioni «l'arte di viaggiar per mare» (traendone profitto). Crea l'ufficio tavolare per tener conto della storia di ogni edificio.

Infine, con pratica lungimiranza, concede alle diverse popolazioni che approdano in città (ebrei, armeni, turchi, dalmati, serbi) di costituire singole comunità locali con un proprio culto, rendendo fin dal '700 Trieste ciò che è ancor oggi: una città di incroci nati dal mare.

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