Con i suoi thriller ambientati in epoca medievale, dalla saga de Il mercante di libri maledetti al Codice Millenarius (l'ultimo è L'abbazia dei cento delitti , Newton Compton Editori) Marcello Simoni ha venduto un milione di copie. E dice che il successo agli Emmy «Game of Thrones se l'è meritato tutto».
Segue la serie?
«Sì, sia in tv, sia il romanzo di Martin, che considero un romanzo storico. Ci sono anche eventi del tardo Medioevo, come la guerra delle due rose e la guerra dei cent'anni».
Ma perché il Medioevo affascina tanto?
«È collocato a metà fra l'età antica e moderna: come in una favola, tutto può succedere. Ed è una storia che ci appartiene, ma che vediamo abbastanza lontana da permetterci di fantasticare».
Che cosa attrae di più?
«Nel Medioevo l'uomo dà prova di genialità ed è un visionario. Ha una facilità di ragionare per simboli che si è persa».
È questo che ci manca?
«Il segreto è riscoprire questa forma mentis, l'entusiasmo, la forza visionaria che oggi non possediamo più. In questo mondo di routine, sappiamo per istinto di appartenere ancora a quel periodo e vorremmo recuperarlo».
Il Medioevo era più sfaccettato?
«È parte del suo fascino. Si pensi al templare: un monaco, ma anche un uomo di guerra. Questa ambivalenza e molteplicità si ritrovano anche nella saga di Martin».
E poi c'è la violenza.
«Sì, una violenza animalesca. Piace anche questo, perché l'uomo ha bisogno una certa dose quotidiana di violenza: vederla è come un esorcismo. Anche io, dopo avere descritto una scena cruenta, mi sento molto meglio».
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