"Mio papà Nino Manfredi, attore per scelta ma regista Per grazia ricevuta"

Il figlio Luca ricorda il grande ciociaro a cento anni dalla nascita. Al Lido la proiezione della pellicola restaurata che vinse a Cannes nel 1971

"Mio papà Nino Manfredi, attore per scelta ma regista Per grazia ricevuta"

Nino Manfredi, battezzato Saturnino, nacque cento anni fa, a Castro dei Volsci, in Ciociaria, terra di tradizioni antiche e di gente di cinema. E ne aveva 50 quando, nel 1971, scrisse, diresse e recitò un classico del cinema italiano, Per grazia ricevuta, film oggi restaurato dalla Cineteca Nazionale e proiettato alla cerimonia di preapertura, l'altra sera, alla Mostra del Cinema di Venezia. In quel 1971, invece, il figlio di Nino, Luca - che ha presentato l'evento qui al Lido - aveva 11 anni. Ed era lì anche lui...

«Fu la mia prima comparsata. Recito con mia sorella nella scena della Prima comunione, facciamo i figli della famiglia ricca del paesino, vestiti da marinaretti. Paghetta: 5mila lire al giorno...».

Per grazia ricevuta, in cui suo padre interpreta un uomo miracolato che non sa scegliere fra vita monacale e vita di piaceri, denunciava, in un'Italia cattolicissima, la credulità religiosa.

«Un po' il film è la biografia di papà. Da giovane si prese una pleurite, poi diventata tubercolosi. Rimase malato tre anni, un calvario di ricoveri e due estreme unzioni. Dell'intera camerata, dove tutti pregavano, lui, che non credeva, fu l'unico a sopravvivere. Mia nonna credette al miracolo, lui invece pensava solo di essere fortunato...».

E poi cosa accadde?

«Che la sua vita fu una continua ricerca di un Dio che in fondo non credeva esistesse. E se esiste è ingiusto, diceva. A chi gli chiedeva di riassumere Per grazia ricevuta, spiegava: È la storia di un uomo che cerca Dio. Per dargli un calcio in culo ».

Il pubblico come reagì?

«Si divise: come l'Italia, sempre un po' religiosa, sempre un po' libertina. Papà in fondo rispettava gli uni e gli altri. Comunque, anni dopo il film, mio padre partecipò con molti colleghi famosi a un incontro in Vaticano con papa Wojtyla, il quale - di fronte a un pubblico di attori - ricordò gli anni in cui da giovane faceva teatro, e che gli era dispiaciuto smettere... E mio padre gli disse: Santità, se fossi in Lei mi terrei stretto il Vostro posto: come uomo di teatro non sareste diventato così celebre».

La mostra di Venezia oggi omaggia un gigante del nostro cinema.

«E dire che Nino studiò Giurisprudenza, per non deludere suo papà, cioè mio nonno, un maresciallo di Polizia molto severo che lo voleva avvocato. Si laureò in legge - uno dei pochissimi attori laureati della sua generazione - e intanto studiava all'Accademia di arte drammatica a Roma. Il pubblico non se ne accorse mai, ma papà era caparbio, determinato, preciso».

Tanto preciso che nell'unica sua vera regia, Per grazia ricevuta, appunto, vinse il premio Miglior opera prima a Cannes.

«Volle provare a dirigere un film, diceva, per capire che cosa aveva imparato

facendo per tanti anni l'attore. Lui era attento e metodico, in tutto. Dino Risi lo chiamava l'orologiaio per la precisione con cui costruiva i suoi personaggi. E Giuliano Montaldo diceva che era un cesellatore di caratteri».

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