Cultura e Spettacoli

La morte di Mario Perniola Pensatore ironico eclettico e "sexy"

Era un uomo di vera simpatia in un ambiente accademico che generalmente se la tira senza motivo o cerca di pugnalarti alle spalle per propri buoni motivi

La morte di Mario Perniola Pensatore ironico eclettico e "sexy"

Mario Perniola, morto ieri nella sua casa romana, a 76 anni, era un uomo di vera simpatia in un ambiente accademico che generalmente se la tira senza motivo o cerca di pugnalarti alle spalle per propri buoni motivi. Aveva studiato a Torino con Luigi Pareyson, un autentico maestro perché dalla sua scuola è uscito di tutto e il contrario di tutto, sempre ad altissimo livello: da Umberto Eco a Gianni Vattimo a Sergio Givone.

Filosofo eclettico, con gli interessi più diversi, dall'estetica alla politica, dalla comunicazione di massa dei nuovi media alla sessuologia, dai manifesti politici impegnati ai pamphlet contro Berlusconi, Perniola non ha trascurato nulla che non potesse arricchire l'interesse di un filosofo attento alle rapide variazioni culturali del nostro tempo. Gli piaceva sorprendere: quando nei convegni toccava a lui parlare esponeva risultati delle proprie ricerche sempre trasgressive rispetto ai modelli della riflessione filosofica tradizionale. Ricordo quando, nei primi anni '90, ci intrattenne sul rapporto tra esperienza sessuale e filosofia: stava preparando il suo saggio, credo di maggior successo, Il sex appeal dell'inorganico (Einaudi 1994), in cui avrebbe sostenuto, con più rigore rispetto alla relazione che avevamo ascoltato qualche tempo prima, che la sessualità (diciamo, per chiarezza, «convenzionale») viene sostituita da un eros inorganico, artificiale, indifferente al tempo e alla bellezza. Tesi influenzate dalle nuove tecnologie e dal desiderio di Perniola di oltrepassare la critica di Heidegger alla tecnica e al suo dominio sull'essere umano. Riflessioni che trovano uno sviluppo sul terreno propriamente della critica d'arte nel volume L'arte e la sua ombra (Einaudi 2000), in cui Perniola illustra con precisione e coraggio la deriva artistica verso il mercato, la trasformazione dell'arte in un prodotto finanziario che stabilisce quotazioni, gerarchie di valori creando maestri dal nulla.

Da questa prospettiva alla critica dei mezzi di comunicazione di massa, il passo è breve nel sottolineare le manipolazioni che essa provoca con cinismo e uso strumentale della politica. Un tema, questo, caro a Perniola fin dai suoi esordi di studioso, quando, nel solco tracciato da Guy Debord, attaccava con sessantottesca indignazione la società dello spettacolo con i suoi idoli e falsi miti.

Col tempo, tuttavia, questa linea di ricerca era stata abbandonata da Perniola, il quale aveva trovato una propria ironica sintonia con una modernità non da demonizzare come facevano alcuni suoi colleghi interpreti di Heidegger, innanzitutto Gianni Vattimo e il suo «pensiero debole», criticato con divertenti sottigliezze.

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