Cultura e Spettacoli

In mostra a Pisa il Dalí «italiano» (con quattro inediti)

Maurizia Tazartes

da Pisa

Pittore, scrittore, scenografo, sceneggiatore, illustratore, orafo. Intellettuale raffinato e umorale. Artista originale, geniale, inquietante. Salvador Dalí (nella foto di Català-Roca) arriva a Pisa in una grande mostra che ne sottolinea aspetti meno noti: la classicità, i legami con l'Italia e l'interesse per il rinascimento. Dalí. Il sogno del classico (Palazzo Blu, da oggi al 5 febbraio 2017, catalogo Skira) è il titolo della rassegna, curata da Montse Aguer, direttrice dei Musei Dalí -Fundació Gala-Salvador Dalí. Se ogni passo e momento del grande artista sono arcinoti, qualcosa si riesce a scoprire ancora, come quattro dipinti inediti che la mostra propone tra le 150 opere esposte, dipinti, disegni, xilografie, acquerelli giunti dal Teatro Museo Dalí di Figueres, dal Dalí Museum di St. Petersburg in Florida e dai Musei Vaticani. Quando Salvador arriva in Italia, nella seconda metà degli anni trenta del Novecento, ha alle spalle un lungo pezzo di vita e attività. Ha viaggiato per Europa e Stati Uniti, è passato attraverso diversi movimenti artistici creandone lui stesso. Dal tardo impressionismo iniziale al cubismo, dalle tangenze con la metafisica al surrealismo. Nel 1936 la guerra civile spagnola obbliga l'artista a lasciare la Spagna, dividendosi tra Parigi, Stati Uniti e lunghi soggiorni in Italia e in Inghilterra, con l'amata moglie Gala.

L'incontro con l'Italia, la classicità e il rinascimento getta in Dalí germi capaci di generare frutti per tutti gli anni a venire, sino alla fine nel 1989. A colpirlo in modo particolare è Michelangelo, ripreso e rielaborato in oli straordinari, come i quattro inediti, Senza titolo. Mosé dalla tomba di Giulio II, Senza titolo. Cristo dalla Pietà di Palestrina, Senza titolo. Giuliano de' Medici dalla tomba di Giuliano de' Medici e Senza titolo dal Ragazzo accovacciato di Michelangelo (un capolavoro). La serie continua con altre suggestive riprese del grande toscano. Tra le ultime creazioni dell'artista, queste opere riflettono il ritorno a una «pittura mistica», tendenza emersa nel 1940-50. A testimoniare il momento mistico ci sono quattro dipinti: Paesaggio di Portlligat, L'angelo di Portlligat, Sant'Elena a Portlligat e La Trinità.

I legami con l'Italia sono sottolineati anche dall'intera serie di xilografie che illustrano la Divina Commedia. Nel 1950 l'Istituto poligrafico dello Stato italiano aveva chiesto a Dalí di illustrare il poema di Dante in vista dei settecento anni della nascita del poeta. Impresa tentata prima solo da William Blake, Gustave Doré e Sandro Botticelli. Il pittore realizzò, tra il 1950 e il 1952, 102 acquerelli, che vennero esposti a Roma, Venezia, Milano. Poi, per motivi politici e campanilistici, il governo italiano si tirò indietro. Così Dalí, offeso, offrì i diritti di riproduzione a Joseph Forêt, che nel 1963 pubblicò un'edizione integrale della Divina Commedia con le stampe originali degli acquerelli.

Oggi possiamo ammirare l'intera serie delle xilografie sparse in diverse sale di Palazzo Blu, insieme ai 27 disegni e acquerelli dei quarantuno realizzati dall'artista nel 1945, su incarico dell'editore Doubleday & Company, per illustrare la celebre Vita di Benvenuto Cellini, un artista ribelle e italiano che Dalí sentiva vicino a sé.

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