Una nuova immagine di Tenco

Una indagine fra psicologia e poesia a cinquant'anni dalla morte

Antonio Sergi

Lo trovano riverso nella camera 219 dell'Hotel Savoy. Ha un foro in testa e c'è una pistola accanto a lui. «È suicidio», quello di Luigi Tenco, dicono subito gli inquirenti. «Ho voluto bene al popolo italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita» c'è scritto sul biglietto d'addio, in cui risultano evidenti atti di accusa del cantautore contro la giuria per l'eliminazione del suo pezzo Ciao amore ciao, cantato in coppia con Dalida. Era il Festival di Sanremo 1967. Tra frustrazioni narcisistiche e turbamenti dell'anima, la vita di Tenco si risolve, consapevolmente, con la morte. Ecco l'ipotesi analizzata nel volume Forse non sarà domani (Arcana, pagg. 224, euro 16), libro scritto dal giornalista Mario Campanella e dallo psichiatra Gaspare Palmieri. Un unicum letterario che celebra i 50 anni di anniversario della morte del cantautore. Un volume che mira a restituire all'opinione pubblica un'immagine nuova di Tenco, timido e dal temperamento malinconico ma diverso da come abitualmente descritto e raccontato.

Forse non sarà domani si snoda su due direttrici: un io narrante che riporta Tenco in vita a commentare le sue canzoni e un'analisi descrittiva della personalità dalla quale emerge che l'artista non soffrisse di depressione. Non voleva essere merce alla stregua degli «altri» ma amare, scrivere, cullato dai suoi dolci tormenti. Tenco ha segnato una rottura essenziale nella musica italiana, traghettando il mondo paludato della canzonetta verso il profondo genio artistico.

Tenco, fragranza che si sprigiona dopo un temporale, amava la vita, devastato dal senso di impotenza dinanzi a una realtà, parimenti a quella odierna, che sovente non lascia posto alla libertà romantica, essenziale palpito della fantasia.

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