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Péguy contro i taglialegna che hanno reciso le radici dell'umanità

In questo scritto di inizio '900 il grande autore francese denuncia la «cenere intellettuale» sparsa ovunque E le demagogie sotto cui stanno scomparendo le nazioni...

Péguy contro i taglialegna che hanno reciso le radici dell'umanità

Una cenere intellettuale è caduta su tutto il mondo. Un atomo di cenere non è nulla e le prime cadute dei primi atomi di cenere furono gioiosamente accolte. Che bei cieli, dicevano, che bei cieli ci fanno queste ceneri che cominciano a cadere. (...) Non c'è nulla di così bello che dei cieli con la cenere. Finalmente abbiamo dei cieli con la cenere. Le prime cadute furono accolte gioiosamente. Cominciava a esser troppo tempo da che quel fastidioso, da che quell'imbecille di cielo era azzurro. E gli alberi. Si tratta soprattutto degli alberi. Diventava dannoso, tutto quel verde, sin dal tempo in cui quelle foglie di quegli alberi erano verdi. Come quelle ceneri su quei verdi andavano a dar delle tinte nuove, delle tinte plumbee, delle tinte livide, delle tinte morbose (dicevano ancora morbose, quegli imbecilli). Le prime cadute di cenere sulle foglie degli alberi furono accolte gioiosamente. Era davvero buffo. Diventava molto divertente. Oggi che tutto il mondo è ricoperto da quel drappo funebre, che tutti i testi scompaiono sepolti sotto tutti i commenti, che tutti i testi vivi sono sdraiati morti sotto la polvere muta e sotto la cenere del chiacchiericcio delle glosse, che tutti gli spiriti si irrigidiscono sotto le demografie, le società sotto le sociologie, che i monumenti cadono sotto le archeologie, che le inscrizioni si sgretolano sotto le epigrafie, che gli affreschi si scrostano, che le nazioni scompaiono sotto le demagogie, che le infanzie stesse tutte scompaiono sotto le pedagogie, che ogni vita scompare sotto il sudario della registrazione, che ogni invenzione è morta, che tutti gli istinti si vitrificano in intelletti, che tutte le razze (verticali) si stratificano in classi (orizzontali), che tutti i miti, caro signor Sorel, si sparpagliano in dialettiche, oggi che ogni razza, ogni linfa, ogni fonte è sepolta sotto questo trascinarsi mortuario, sotto il trascinarsi nevoso e spugnoso e sporco di tutta questa cenere l'umanità sprofondata forse infine si smuove; orgogliosa e trionfante apparentemente; sordamente scavata dal non fare eternalmente la figura della mummia; speciosamente baldanzosa, sordamente scavata da questa inquietudine si chiede da dove potrà mai far venire il ricorso, in attesa che ansiosa domandi e che forse gridi da dove potrà mai domandare soccorso.

Ignoranza moderna, provvisoriamente noncuranza, oblio, disconoscimento, amnesia dell'eterno. Indegno successore del grande mondo ellenico. Indegno successore del grande mondo cristiano. (Tra tanti mondi i due soli che abbiamo, provvisoriamente, serbato.) Ma indegno predecessore, di che mondo? (...)

Ciò che colpisce immediatamente ogni anima un po' seria: che un mondo nuovo, veramente degno di questo nome, e di questo nome di mondo e di questo nome di nuovo, che una filosofia nuova, veramente nuova, che un sistema nuovo di vita e di pensiero, di metafisica e d'azione, di morale e d'abbraccio, che un mito nuovo non può introdursi e funzionare, non può inserirsi nella storia del mondo, non può inscriversi nel lignaggio ulteriore eterno, non può inserirsi nel tessuto, vegetale, nell'arborescenza dell'umanità, che un'umanità nuova infine, veramente degna di questo nome di umanità e di questo nome di nuova, non può nascere, vivere e morire, anche nascere male, anche vivere male, anche morire male, non continuando scioccamente, goffamente e nei sentieri che sono ormai dei sentieri di sterilità l'umanità precedente, ma che essa non può nascere, vivere e morire, anche piccinamente, anche umanamente, se non operando, al di sotto di una o più delle sue umanità precedenti, chiaramente al di sotto dell'umanità che le è immediatamente precedente, un disoriginarsi più profondo nelle primordiali risorse della comune umanità.

Una sorta di dilaceramento nelle sue radici, nelle sue risorse più profonde; una sorta di disoriginamento delle fonti e delle risorse ancora insospettate.

L'umanità non procede affatto come credono precisamente questi moderni e c'è bisogno che questi moderni credano precisamente che l'umanità proceda così, voglio dire come credono in effetti che essa proceda, noi mostreremo che questa falsa credenza fa parte integrante, essenziale del loro sistema e della loro metafisica, l'umanità non procede affatto per prolungamenti, aggiunte, assemblaggi, sovraddizionamenti, cominciamenti superficiali e vermicolari, per segmenti messi pezzo a pezzo, penosamente congiunti, contrapposti, giustapposti. (...) L'umanità generalmente non procede affatto, in quest'ordine e in questo senso, per saldature, suture, piombature né per aggiustamenti. Non procede affatto per prolungamenti né ricollegamenti. (...) Più o meno arbitrari. Non si distende affatto come quei binari di strada ferrata, lineari, paralleli, che avanzano, che progrediscono omogenei. (...)

Naturale, procede naturalmente, secondo un metodo, secondo un ritmo naturale. Organica, procede organicamente, secondo un metodo, secondo un ritmo organico; fa specialmente delle crescenze che danno sensibilmente un ritmo vegetale, arborescente.

Un'umanità ulteriore, veramente degna di questo nome, di farne, di esserne una di più, dopo tante altre, di figurare, quando è il suo turno, su questo grande calendario dei nomi delle umanità che hanno lasciato un nome, un'umanità ulteriore nominabile non viene alla luce dopo e su un'umanità anteriore se non fa appello a una linfa più profonda, se non fa appello a un ritorno alle origini più profondo nelle comuni fonti di linfa della perpetuamente arborescente umanità.

Traduzione di Marco Settimini

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