Cultura e Spettacoli

Panahi mostra le crepe dell'Iran integralista

Il maggior nemico dei governi integralisti - ma leggi anche assolutisti - è l'autore

Panahi mostra le crepe dell'Iran integralista

Il maggior nemico dei governi integralisti - ma leggi anche assolutisti - è l'autore. Colui che mette la propria arte e creatività al servizio della società civile attraverso la denuncia di repressione, reati ideologici, torti e ingiustizie. E Jafar Panahi, regista iraniano di anni 61, appartiene alla categoria. Infatti a luglio è stato arrestato e condannato a sei anni di reclusione «per attività contrarie al governo», sentenza che gli ha impedito di essere presente all'ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia dove Gli orsi non esistono ha vinto il premio speciale della giuria. Il film - eccellente - è un garbato ritratto dei vizi del suo Paese in materia di libertà. Amore. Matrimonio. Perfino giustizia. E Panahi ne è pure protagonista nelle vesti di se stesso. Un uomo procura un passaporto falso alla compagna che rifiuta di espatriare quando apprende che lui non può accompagnarla. Un movimento di macchina ci mostra che Panahi sta girando un film a distanza, esiliato in una piccola località dell'Iran più remoto, dove il segnale è debole. Anche qui si annidano soprusi. Il regista finisce nel mirino di due giovani che si contendono la mano di una ragazza e Panahi viene accusato di non voler mettere a disposizione della comunità la prova fotografica che consentirebbe di risolvere pacificamente la lite davanti al «tribunale» formato dagli anziani del luogo.

Vari i livelli di lettura con un intreccio costruito sull'uso abbondante della metafora per immagini che consente di allargare le proporzioni. Il villaggio diventa l'Iran, l'esilio si trasforma nella reclusione - anche nel 2010 Panahi fu incarcerato - e le fotografie tanto insistentemente reclamate rappresentano i fotogrammi, cioè i film, che hanno messo in difficoltà il governo forse simulato dai giudici dozzinali chiamati a dirimere la controversia matrimoniale.

Insomma, politica e ideologia applicate alla quotidianità in un'opera che fa riflettere e mostra ancora una volta che il grande cinema non è fatto solo di effetti speciali e supereroi ma soprattutto dalle super vittime di tutti i giorni.

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