Cultura e Spettacoli

"Danni ai pazienti". E il parto di Belen finisce in procura

Il Codacons è intervenuto per chiarire quanto accaduto all'ospedale di Padova per il parto di Belen, per verificare che non vi siano stati favoritismi

Il parto di Belen finisce in procura: "Danno agli altri pazienti"

Dopo la denuncia dei sindacati è il Codacons a dire la sua nella vicenda del parto di Belen Rodriguez. L'associazione dei consumatori ha deciso di intervenire dopo la segnalazione della presunta chiusura di un intero piano del reparto di Ostetricia e ginecologia dell'ospedale Giustinianeo di Padova per garantire la privacy a Belen Rodriguez durante il parto. Tutto è nato da un foglio che, uscito dalle chat dei lavoratori dell'ospedale, è finito sui social diventando virale. La direzione del Giustinianeo ha smentito qualunque favoritismo nei confronti della showgirl argentina, ammettendo di aver solo dato incarico ad alcuni uomini della sicurezza di presidiare il piano per preservare la privacy delle degenti dalle eventuali intromissioni di curiosi.

La versione ufficiale fornita dall'ospedale smentisce quanto riferito dai sindacati. Il direttore ha spiegato che il cartello non è mai stato affisso al pubblico ma è stato realizzato come promemoria per la sicurezza e posizionato accanto ai pc in caso che qualcuno avesse chiesto informazioni. Gli ascensori per i quali era stato disabilitato il pulsante del terzo piano, quello in cui era ricoverata Belen Rodriguez, pare fossero quelli riservati alle società terze, che dall'esterno conducono direttamente all'interno. La direzione, quindi, ha smentito che sia stato dedicato l'intero piano all'argentina, che avrebbe semplicemente prenotato una delle tre stanze private del reparto a disposizione delle pazienti.

Nonostante la secca smentita dell'ospedale, il Codacons ha deciso di agire per far accertare i fatti dagli organi competenti e si è rivolto alla procura di Padova con un esposto contro il Giustinianeo. L'associazione dei consumatori ha chiesto alla procura di "aprire un’indagine alla luce delle possibili fattispecie di interruzione di pubblico servizio e abuso d’ufficio, accertando i fatti e verificando se effettivamente un intero reparto dell’ospedale sia stato riorganizzato sulla base delle esigenze della showgirl". Se quanto riferito dal sindacato degli infermieri, che ha parlato di "riorganizzazione del piano", dovesse rivelarsi vero "ci troveremmo infatti di fronte a modifiche nell’erogazione dei servizi offerti da una struttura pubblica non giustificate da comprovate esigenze, con palese violazione dei protocolli a danno di tutti gli altri pazienti e del personale, ed evidenti disparità di trattamento nei confronti delle altre mamme ricoverate presso l’ospedale".

Dal canto suo, al Corriere del Veneto, l'ospedale ha nuovamente smentito tutto: "Tutte le precisazioni che abbiamo fornito (relative a piani, stanza occupate, ascensori utilizzati — nessuno risulta essere stato bloccato, ndr) sono ampiamente documentabili, pertanto ci riserviamo di agire a tutela della propria immagine nelle sede opportune". Da far suo, il sindacato non aggiunge nulla a quanto già dichiarato ma specifica che "non ci siamo inventati niente". Il Codacons regionale, invece, rimanda a Roma ogni attribuzione per l'azione contro l'ospedale.

La politica veneta, nella persona di Alain Luciani, si è schierata al fianco dell'ospedale. L'esponente della Lega, ex assessore con la giunta Bitonci e ora consigliere comunale, si trovava in questi giorni al Giustinianeo per far visita a sua moglie, diventata mamma Maria Alice, ricoverata nello stesso reparto. "Non è stato cambiato nulla: Belen occupava una singola stanza. Sicurezza? Non ho visto rinforzi degni di nota: anzi, ho visto molte persone, in certi casi intere famiglie, che tentavano di entrare nel reparto per 'salutare Belen'.

Ricevevano un no cortese: del resto, sono ancora in vigore restrizione severe e bisogna fare il tampone prima di accedere al reparto", ha assicurato il politico.

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