Peter Terrin, passione (e illusioni) a Monte Carlo

Eleonora Barbieri

Jack Preston non è un ragazzo fortunato. A undici anni perde il padre, morto in guerra su una spiaggia straniera, invocando il nome del figlio (avrebbe voluto chiamarlo Adam, a dire il vero). A diciassette perde anche la madre, ma continua a pregare. Va in chiesa, si dedica con testardaggine alla sua passione, al suo piccolo talento: i motori. È così che si emancipa (o almeno sembra...) e, dal paesino inglese in cui vive, Aldstead, entra nel mondo della Formula Uno. Lavora per la Lotus, è un meccanico. Ha anche una moglie, Maureen, che non ama particolarmente. Tutto cambia un giorno di maggio del 1968, sulla griglia di partenza del Gran premio del Principato, che dà il titolo al romanzo di Peter Terrin, Monte Carlo (Iperborea, pagg. 160, euro 16; trad. dall'olandese di C. Cozzi e C. Di Palermo). Sotto gli occhi del principe e dei vip e dei reporter di mezzo mondo fa il suo ingresso in pista Deedee, la diva del momento, una specie di Brigitte Bardot. Proprio mentre sfila tra le macchine, la Lotus a cui sta lavorando il giovane inglese esplode: lui si getta su Deedee, le fa scudo, lei ne esce illesa, lui ustionato gravemente dalla testa al fondoschiena.

Dal letto d'ospedale, Preston aspetta con ansia e convinzione che Deedee arrivi a ringraziarlo. O che almeno gli mandi un messaggio, un segnale: di gratitudine, per averle salvato la vita e il bel viso; e d'amore, perché di sicuro l'attrice si sarà accorta che è l'uomo giusto per lei. Preston torna al paesello da eroe, ma anche la gloria dura poco: all'inizio i compaesani lo ascoltano e lo guardano con ammirazione ma poi, piano piano, i dubbi cominciano ad affiorare, le malelingue iniziano a insinuare. La fantasia diventa angoscia, la routine si riempie di inquietudine. Solo Jack Preston continua a sognare, a immaginarsi al fianco della sua Deedee fra i ricchi e famosi della Costa Azzurra, il ritorno trionfale in pista con il suo nome che «passa di bocca in bocca»: «Mai prima un ospite d'onore sarebbe stato accolto con tale affetto e giovialità da piloti e campioni del mondo». Ma poi Deedee, «come fa a non pensarmi?» si chiede.

Dio avrebbe ristabilito un equilibrio, Preston (solo Preston, ma poi è solo lui?) ne è sicuro. Un uomo così tenacemente attaccato alle sue illusioni di successo da sembrare ridicolo. E, per questo, irritante, perché è banalmente tragico.

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