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Saigon della regista Caroline Guiela Nguyen, in scena per la rassegna «Roma-Teatro Festival» è ambientato tra la città di Saigon e il ristorante «Saigon» di Parigi. Quando ci troviamo davanti a qualcuno che piange, se la persona ci è cara piangiamo anche noi. Ma quando in uno spettacolo teatrale si piange troppo, lo spettatore rimane spiazzato ed è coinvolto soltanto dai pianti degli attori. Questa pièce è interpretata soltanto da sei attori che recitano tutti i ruoli. Nel primo tempo il pianto di quelle povere donne vietnamite mi ha commosso fino alle lacrime. All'opposto del testo drammaturgico di Jérémie Scheidler e Manon Worms che narra la storia della colonizzazione dell'Indocina. Siamo nel 1996 e nella cucina del ristorante «Saigon» di Parigi la cuoca Marie-Antoinette piange disperata perché il figlio è stato mandato a combattere in Indocina. A specchio troviamo anche la storia del francese Eduard e della vietnamita Lihn. Lui la mette incinta, ma poi l'abbandona prima ancora che sia nato il loro unico figlio Antoine. Insomma tutti si incontrano e agiscono all'interno di questo strano ristorante che risulta sempre uguale a se stesso. La scenografia dello spettacolo è fissa ed è illuminata meravigliosamente.

Alla fine della storia, quale sarà il destino della povera Lihn se non quello di piangere? Quando il figlio vent'anni dopo andrà a cercare la tomba del padre, mentre lei si rifiuterà di accompagnarlo. Desolazione e lacrime segnano questa lunga epopea di violenza. Bella regia e successo strepitoso con grandi applausi.

SAIGON Roma Teatro Auditorium.

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