Così nacque Roma: torna in tv Il primo re. Il film in protolatino

Il primo re è il film di Matteo Rovere che racconta la lotta tra due fratelli, Romolo e Remo, per la conquista e la nascita di Roma

Così nacque Roma: torna in tv Il primo re. Il film in protolatino

Il primo re - che andrà in onda questa sera alle 21.20 su Rai 4 - è il film diretto da Matteo Rovere e che vede come protagonisti Alessio Lapice e Alessandro Borghi nei panni di Romolo e Remo, i due fratelli che sono all'origine della nascita della città di Roma.

Tra le tante accuse che vengono spesso mosse al cinema italiano, la più reiterata è quella che si tratti di un'industria che non sappia rischiare o reinventarsi. Il primo re rappresenta una risposta efficace a questo tipo di polemica. Con una strategia produttiva che richiama il film La passione, il film diretto da Mel Gibson, Il primo re è stato girato usando una lingua che si presume fosse utilizzata ai tempi della vicenda raccontata: il protolatino.

Il primo re, la trama

Il primo re racconta la storia di due fratelli, Romolo e Remo, che a seguito di un'inondazione del Tevere che non solo divora i loro capi di bestiame, ma soprattutto li porta nei pressi della città di Alba Longa, dove sono catturati e presi come schiavi. Tuttavia Romolo e Remo hanno un'indole troppo forte per accettare di essere assoggettati al volere di qualcun altro. Perciò decidono di ribellarsi e, aiutati da altri prigionieri latini e sabini, danno inizio a una battaglia da cui non solo escono vittoriosi, ma che permette loro di lasciare Alba Longa e di risalire il Tevere.

Con loro c'è anche la sacerdotessa Satnei, presa prigioniera da Remo per mantenere il favore degli dei. Il viaggio dei due fratelli attraversa varie tappe e molti ostacoli: ma intanto Remo viene eletto re e tutto sembra andare bene. Almeno finché una profezia non rende noto al nuovo "sovrano" che tra lui e suo fratello dovrà scorrere del sangue e che solo uno è destinato a sopravvivere e a diventare un grande re di un regno potentissimo come quello di Roma.

Il prolatino de Il primo re

La caratteristica principale del film di Matteo Rovere - oltre l'ottima fotografia - è senza dubbio la scelta di utilizzare una lingua ormai perduta, che fosse incomprensibile al punto da far sì che il film necessitasse di sottotitoli costanti. Come viene riportato da LaScimmiaPensa.com, la produzione del film aveva davanti a sé due scelte. Utilizzare il latino nella sua forma più classica, quella che in antichità era destinata a clero e letterati, oppure affidarsi a un latino più autentico, simile a quello che presumibilmente la gente comune parlava ai tempi della nascita di Roma, avvenuta nel 753 a.C.

Il sito della Treccani spiega in modo esaustivo la struttura di questa lingua su cui si sono applicati glottologi e linguistici. L'ordine sintattico segue lo schema soggetta-oggetto-verbo, quest'ultimo sempre nella posizione finale. Nel prolatino esiste una base del latino stesso e il lessico rappresenta una forma arcaica di provenienza indoeuropea. La scelta di girare il film in prolatino ha richiesto un grandissimo studio da parte degli attori che, aiutati da un gruppo di esperti, ha dovuto imparare una nuova lingua per essere "fluenti" nel momento della lavorazione.

Come ha scritto Cinefilos Alessandro Borghi era così stanco per via dello studio della lingua e degli allenamenti fisici necessari a diventare Remo, che temette di non avere la forza per portare sulle spalle un ruolo tanto complicato.

Le perplessità

Visitare Roma ha chiesto il parere di Michele Mattei, noto divulgatore archeologico, per avere la sua opinione sull'accuratezza di questa interessante sperimentazione cinematografica. Lo studioso ha spiegato con quanto entusiasmo avesse atteso il film e quanto fosse disposto a "essere clemente con eventuali piccoli anacronismi o errori archeologici, che da sempre caratterizzano i film basati su questi temi". Tuttavia, all'uscita dalla sala e dalla visione del film, il suo giudizio non è stato favorevole.

Ecco quello che ha detto: "Gli scempi sono stati abnormi, ma tutto il resto ha contribuito a disegnare due ore e mezza da incubo per chiunque ami i popoli del Lazio antico e il cinema in generale. La storia non deve e non può essere priva di fantasia, ma neanche una violenza al rispetto dei nostri antenati e di ciò che sappiamo su di loro. Provando ad andare con ordine: la storia dei fratelli sembra essere un misto poco credibile di elementi presi dalla tradizione, con inserti sostanziali dell’immaginario del regista, che sortiscono l’effetto di snaturare completamente il prodotto.

Nessun richiamo, o quasi, alla fanciullezza dei due, tranne una scena. Il contesto della storia è quello di un viaggio di fuga da Alba, viaggio, che poco ha a che vedere sia con le fonti su Romolo e Remo".

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