Ma come, Alessandro Manzoni, il più celebre autore italiano, lettura scolastica per eccellenza, inserito in una serie di articoli dal titolo Impubblicabili e dimenticati? Certamente. Manzoni non è impubblicabile ma si può dire che l'Italia l'abbia dimenticato. Innalzare un monumento può anche essere un modo di chiudere una pratica in fondo scomoda. Per una volta, non si possono attribuire colpe all'accademia, che ha fatto il suo dovere, producendo montagne di saggi eruditi, commenti e preziose edizioni critiche. Il problema è un altro. Nei libri di Manzoni, nei Promessi sposi in particolare, c'era tutto quello che occorreva all'Italia per non restare un'opera incompiuta. C'era una concreta proposta di lingua nazionale (proprio quella che stiamo disimparando) forgiata in decenni di lavoro. C'era il tentativo di conciliare libertà e cattolicesimo, modernità e tradizione, come spiega nell'articolo qui sopra il filosofo Dario Antiseri. C'era il rifiuto del progresso come ideologia, ma senza rinchiudersi nel culto del passato. C'era una «lezione» sul libero mercato, come ha illustrato in più occasioni Luigi Einaudi, che raccomandava I promessi sposi agli economisti. Quelle dedicate ai tumulti di San Martino, ha scritto Einaudi, sono pagine indispensabili per comprendere il sistema dei prezzi e l'inutilità o peggio la dannosità del dirigismo. Non basta impartire un ordine per produrre pane al prezzo giusto. Non è tutto. In Manzoni c'era una lezione sul Male tradotta nelle vicende di Renzo e Lucia, ma anche nella Storia della colonna infame. Lo scrittore mostrava la caccia all'untore e al capro espiatorio; i governanti proni davanti alle pressioni della folla; la cattiva giustizia che indaga attraverso la tortura ed emette verdetti infondati per non scontentare il popolo con una assoluzione. Non sono forse, tutti quanti, problemi centrali per uno Stato civile? Non sono forse, tutte quante, ferite ancora aperte in Italia? Manzoni ci ha indicato una via molto chiara. Si vede che nessuno aveva voglia di percorrerla. L'Italia si è scelta altri maestri, quelli che identificavano in Manzoni stesso i tratti peggiori della borghesia, il paternalismo e la mancanza di cultura democratica (Antonio Gramsci). O ancora chi vedeva affiorare ne I promessi sposi una ideologia populista (Alberto Asor Rosa). O addirittura lo derubricava a propaganda cattolica (Alberto Moravia). Ancora oggi, il romanzo più importante e bello della nostra letteratura viene scambiato dagli studenti per una solfa consolatoria, con la Provvidenza che dispone lo scontato lieto fine.
Il critico Ezio Raimondi ha dimostrato l'esatto contrario: I promessi sposi è il romanzo della responsabilità individuale davanti alla Storia; è il romanzo «senza idillio». Proprio come l'Italia, il Paese senza idillio.
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