Quando Epstein pensò di vendersi i Beatles

di Brian Epstein

«G uardami negli occhi», rispose il giornalista, «e ripeti: non venderò mai i Beatles». Ancora una volta distolsi lo sguardo e non diedi alcuna risposta. Mi sentivo terribile. Non avrei mai creduto, sei mesi prima, che sarebbe giunto il momento in cui avrei potuto nutrire il minimo dubbio sul mio futuro con i Beatles o, se è per questo, con nessuno dei miei artisti.
Ma la verità era che, proprio quella settimana, stavo per decidere se rimanere nel business come unico direttore di tutte le persone giovani e meravigliose che mi avevano cambiato la vita. Mi era stata fatta una difficile e genuina offerta di 150mila sterline in contanti, solamente per quel giorno, per una quota sui Beatles. Tre giorni dopo, in un ristorante di Londra, cenavo con l'uomo che mi aveva fatto l'offerta.
L'offerta interessava per il 50 per cento tutti i miei artisti e la mia società di gestione, per darmi la plusvalenza di 150mila sterline e per permettermi l'ultima parola sul tipo di lavoro fatto dai Beatles e alleviare lo stress; ma il mio potere, come risultato, sarebbe rimasto limitato. Anche se non la trovavo molto interessante, questa offerta avrebbe messo fine a molte preoccupazioni e tensioni.
Risposi al mio influente interlocutore: «Ho bisogno di tempo. Conosci le opinioni che ho avuto finora, ma c'è una cosa che devo fare. Devo parlarne ai Beatles».
Costruii nella mia mente un piano completo. Avrei venduto i Beatles e tutti i miei artisti eccetto uno, che avrei mantenuto sotto un'unica direzione. Degli altri artisti sarei diventato manager personale e l'agenzia con la quale avrei concluso l'affare si sarebbe fatta carico di tutti i mal di testa e di una grande quantità di reddito.
Ma prima di tutto dovevo vedere i Beatles. Li incontrai nel mio appartamento e dissi loro: «Come vi sentireste se qualcuno prendesse il mio posto?», e George, senza alzare lo sguardo, mormorò: «Stai scherzando». «Non sono mai stato più serio in vita mia», dissi, e Ringo disse a sua volta: «Dillo di nuovo». Così ripetei: «Come vi sentireste? È un'agenzia molto valida». John, il Beatle letterato, disse poi: «Rimarremo col culo per terra». Paul disse qualcosa di diverso, addirittura meno educatamente, così aggiunsi: «Non mi sembrate molto entusiasti». Tutti loro mi guardarono come se fossi pazzo. Dissi: «Dovete saperlo. Non sono sicuro di poter fare per voi tutto ciò che dovrei. L'organizzazione sta diventando molto grande e la pressione è troppa. Altrove potreste essere anche migliori».
I Beatles erano senza parole.

Non avevano mai immaginato alcuna spaccatura nel nostro rapporto e gli spiegai, nel modo più persuasivo possibile, come ciò sarebbe potuto rientrare nei loro interessi, anche se più parlavo e meno convincevo me stesso. Alla fine mi fermai e dissi: «Allora?». E Paul disse: «Vendici e molleremo tutto. Abbandoneremo tutto domani».

(C)1964 Brian Epstein

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