Quando l'amore a Berlino è una squallida routine

Arriva in Italia "La scelta di Barbara" di Christian Petzold Storia di una donna in fuga dalla Germania Est che farà discutere

Una scena di "La scelta di Barbara"
Una scena di "La scelta di Barbara"

Quarant'anni d'oppressione totalitaria e diciassette milioni di persone soffocate da una quotidianità drammatica e balorda, nella disciolta Germania Est. Ci voleva il capolavoro di Florian Henckel von Donnersmark, Le vite degli altri, nel 2006 Oscar quale Miglior Film Straniero, per squarciare il velo su quel sistema di controllo, volto a reprimere la libertà individuale e il libero pensiero, in nome dell'uguaglianza comunista. E adesso che sullo schermo abbiamo visto come si muoveva la Stasi, l'occhiuta polizia di Stato nei cui ranghi - non a caso - confluivano ex-nazisti; ora che nell'immaginario collettivo resta quell'uomo con la cuffia incollata alle orecchie, in costante ascolto di «pericolosi sovversivi» intellettuali, o semplici cittadini non allineati alla Dddr, un altro dramma similare s'affaccia dal paese il cui passato non passa. E c'è da scommettere che La scelta di Barbara (dal 14), l'anno scorso Orso d'Argento alla regia di Christian Petzold, farà discutere e commuovere. Magari non incasserà i 77.356.942 dollari mietuti dall'eccellente opera prima di von Donnersmarck, neanche nato all'epoca della divisione della Germania in due blocchi. Però tale nuovo esempio di cinema asciutto, l'anno scorso candidato agli Oscar come Miglior Film Straniero e che lavora su quelle atmosfere da incubo, troppo rapidamente rimosse dalla «Ostalgie», la nostalgia per i beati tempi in cui la Ddr pensava a tutto, desterà interesse.

La protagonista del titolo, Barbara (l'intensa Nina Hoss, musa del regista) è una dottoressa di Berlino, che nell'estate del 1980 viene declassata per motivi disciplinari: dall'efficiente ospedale cittadino della Charité passa a un ospedaletto di provincia, in Pomerania. La nuova casa di Barbara, che programma una fuga all'Ovest e perciò mette i soldi sotto al mattone, è squallida, come squallidi sono gli inesistenti rapporti con i colleghi di lavoro. Unica consolazione, le passeggiate in bicicletta tra i boschi, ma anche lì rode un tarlo: in testa la dottoressa sente solo l'assillante ticchettio degli orologi, simbolo d'uno scorrere del tempo sempre uguale, mentre intorno il fruscio del vento tra gli alberi fa irrompere la natura selvaggia.

Tra l'altro, a Berlino Barbara ha lasciato il suo uomo, che furtivamente incontra nei boschi. E dall'Ovest lui le porta calze di nylon, marchi occidentali, rossetto: tutto quello che serve a farla sentire ancora donna, ancora viva. In tanta routine miserabilista, però, s'insinua il piacente dottor André (Ronald Zehrfeld), che dirige l'ospedale di campagna e tiene d'occhio la nuova arrivata. «Perché se ne sta separata da noi tutti?», chiede l'uomo a Barbara, che controvoglia accetta la sua corte. Una corte interessata, quasi certamente: il dottore la tampina per pura passione, o perché è un informatore della Stasi, che non perde di vista la dottoressa ribelle? E perché lui la copre, quando Barbara aiuta la fuggitiva Sara? A confermare i dubbi, seguiranno devastanti perquisizioni del modesto appartamento di lei, che però si rifiuta di chinarsi, mentre un agente della Stasi s'infila i guanti di lattice per frugarla nell'intimo. Quel «nein» le costerà caro: i raggi dell'amata bicicletta verranno divelti e addio passeggiate nei boschi.

«Mio padre e mia madre hanno passato la loro gioventù nella Germania Democratica, però non ne parlavano mai. Eppure, ogni mese, da Berlino Ovest andavamo a trovare mia nonna, nella sua dacia nella parte orientale del paese. E se nessuno voleva sapere che cosa provarono, all'epoca del Muro, milioni di persone, io ho voluto approfondire il tema», spiega Petzold, esponente della cosiddetta Scuola di Berlino, movimento cinematografico nato dopo la caduta del Muro. Quando i giovani cineasti si divisero in due gruppi: chi raccontava gli orrori del Terzo Reich e chi indagava quelli della Ddr.

Emerge poi un aspetto attuale ne La scelta di Barbara, a parte la narrazione storica, con gli ambienti

ricostruiti in meticolosi dettagli: è che i cittadini tedeschi dell'Est comunista non credono nel governo centrale e, giudicando la politica malata, aspirano solo a libertà e indipendenza. Una scelta difficile non solo per Barbara.

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