"Quando scrivo tutto può succedere. Come a New York"

L'autore francese parla de "La ragazza di Brooklyn", thriller che presenterà a Mantova

"Quando scrivo tutto può succedere. Come a New York"

Fin da giovane il francese Guillaume Musso si è appassionato al mondo del thriller e della cultura americana ed è riuscito a farla sua con lunghi soggiorni negli States, che gli hanno regalato una capacità mimetica nel saper raccontare certe storie e innescare certe atmosfere. Fin da piccolo lo ha guidato nei segreti della letteratura di suspense il padre che faceva il bibliotecario e il risultato è che romanzi come L'uomo che credeva di non avere più tempo, Chi ama torna sempre indietro, Quando si ama non scende mai la notte, Ti vengo a cercare, Perché l'amore qualche volta ha paura, La ragazza di carta, Il richiamo dell'angelo, Central Park sono diventati superbestseller capaci di vendere oltre tre milioni di copie, portando Musso ad essere uno degli scrittori francesi più letti nel mondo. Fra i grandi autori che sostiene abbiano formato il suo percorso ci sono Apollinaire, Roth, King, Lehane, Pears, McEwan, McCarthy. Oltralpe la sua abilità narrativa è stata spesso paragonata a quella dello spagnolo Arturo Pérez-Reverte e a quella dei connazionali Jean-Christophe Grangé e Maxime Chattam.

Un libro molto equilibrato e allo stesso tempo denso di colpi di scena è La ragazza di Brooklyn (La Nave di Teseo), appena uscito in Italia e che il narratore originario di Antibes presenterà al Festival della Letteratura domenica 11 settembre alle 14.45 presso l'Auditorium del Seminario Vescovile di Mantova. «Ho iniziato a scrivere thriller - spiega Musso - perché ne ho letti molti e perché è un genere proteiforme che lascia grande libertà agli scrittori, offrendo loro la possibilità di sviluppare sia un intrigo particolare sia di giocare con la suspense e lasciando spazio anche per gli aspetti sociali, psicologici, economici... Nel mio La ragazza di Brooklyn potete ritrovare il tema del segreto descritto all'interno di un rapporto di coppia, ma anche quello della paternità e quello dei segreti di famiglia. Ho voluto raccogliere in questa storia il lato più coinvolgente che caratterizza serie televisive come The Killing, The Tunnel, The Affair. Ho scritto una storia che potesse avere molte ramificazioni. Una storia globale, un'indagine vera e propria che contenesse uno speciale cassetto in cui fare rientrare la sfera intima, quella familiare, quella sociale e quella politica...».

Una semplice lite domestica è l'inizio di tutti i problemi.

«Questo è l'affascinante principio dell'effetto farfalla. Una piccola causa che può produrre effetti imprevedibili e devastanti. Quello che apparentemente è un segreto di famiglia farà emergere tracce sulla vita passata dei miei personaggi, e sui segreti di molte altre persone in Francia e negli Stati Uniti».

Qual è il suo metodo di lavoro?

«Dipende dalla trama. Mi piace lavorare un po' come un reporter. Studio le località, intervisto le persone e faccio delle ricerche. Poi costruisco lo scheletro del romanzo, la sua struttura idraulica come la definisce Dennis Lehane. È un momento piuttosto piacevole e divertente che può richiedere un certo tempo. Poi arriva il momento della scrittura. Quello in cui tutto può succedere e in cui i personaggi cessano di essere esseri di carta per diventare amici».

Ma esiste una specifica «ricetta Musso» che lei applica nei suoi thriller?

«No, le ricette vanno bene solo per la cucina, non certo per la letteratura. Penso che sia vano cercare di spiegare un successo letterario o cercare di razionalizzarlo. Concordo con William Somerset Maugham che ha affermato: Ci sono tre regole da rispettare per scrivere un romanzo. Purtroppo però nessuno le conosce».

Lei ha una particolare affezione per le storie ambientate a New York.

«È un posto che conosco bene, avendo lavorato lì per diversi mesi, quando avevo 19 anni. Così ci torno spesso come luogo d'ispirazione. Per me è come un parco giochi, un luogo favorevole per sbloccare la mia immaginazione. New York è la città in cui tutto può accadere: le più belle storie d'amore, l'attacco più atroce, il più affascinante mistero. Ambientare parte delle mie trame negli Stati Uniti mi permette di mettere una distanza tra me e la mia storia. Una distanza che mi dà grande libertà, perché mi allontana dalla mia vita quotidiana».

I suoi romanzi intersecano spesso il thriller, il poliziesco e il sovrannaturale.

«In letteratura non mi sono mai proibito nulla. Mi piace mescolare i generi, emanciparmi dalle regole per cercare di sorprendere sempre il lettore».

Cosa può dirci della nuova scena noir francese?

«C'è una grande varietà di autori che offre ai lettori tutta una gamma di stili differenti.

Personalmente, oltre a Jean-Christophe Grangé, amo i romanzi polizieschi di Pierre Lemaitre e l'originalità dei personaggi di Fred Vargas. Recentemente mi sono entusiasmato per La verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker, un grande thriller psicologico e letterario, coinvolgente e ben costruito».

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