Cultura e Spettacoli

Ma quanto costò ad Atene lo splendore della sua arte

La produzione dell'arte in ogni sua articolazione è sganciata oppure è mossa da un impulso economico preminente?

Ma quanto costò ad Atene lo splendore della sua arte

La produzione dell'arte in ogni sua articolazione è sganciata oppure è mossa da un impulso economico preminente? E di conseguenza, il processo di occultamento del denaro, nella narrazione idealizzata dei meccanismi di proporzionalità e gigantismo delle bellezze architettoniche greche, è un fattore marginale? Con l'ausilio di tabelle e resoconti numerici dettagliatissimi, Giovanni Marginesu nel saggio Il costo del Partenone appalti e affari dell'arte greca (Salerno editrice - pagg. 168 euro 15) opera un'indagine quantitativa del valore monetale delle opere d'arte, attraverso la misurazione degli indici di costo e di prezzo, le fluttuazione tra la domanda e l'offerta, l'approvvigionamento e il trasporto dei materiali.

In uno schema di quotazioni esauriente, il professore di storia greca consegna un prospetto finanziario delle entrate e delle uscite che i forzieri ateniesi sostennero nel campo dell'edilizia (edifici funerari e templi), della scultura (statue bronzee e lignee) e della pittura (quadri votivi e vasi). A titolo esplicativo, le spese per il marmo, i capitelli, le colonne, i cassettoni, l'allestimento del corredo scultoreo del Partenone furono nell'esiguo ordine di 9 milioni di dracme d'argento, equivalenti all'allestimento di una flotta imperiale di 1500 triremi; tuttavia, nei libri contabili si registrò l'atipicità della statua di Atena che, custodita all'interno del tempio, assorbì più della metà delle risorse stanziate per il finanziamento del colosso monumentale. I ceramisti, gli scultori e i pittori ottenevano un compenso a suon di talenti (un multiplo della dracma) erogato da privati cittadini o da governanti locali, seppur esistessero anche allora gap retributivi ragguardevoli fra artisti di fama e semplici maestranze, remunerate con pochi spiccioli di dracma a giornata. L'economia dei beni culturali si sedimenta in un legame ineludibile con la disponibilità finanziaria della nomisma (la moneta), il mezzo di determinazione del valore. Il messaggio veicolato dall'opera viene ingigantito dall'esposizione nello spazio sacro e pubblico, lì dove si riversa quell'avanzo di ricchezza (il surplus) della comunità.

Con una certezza: dietro alla maestosità del sublime vi è una oculata gestione delle riserve di cassa e di riscossione dei tributi imposti agli alleati della Lega delio-attica.

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