Non ho mai sopportato le biografie musicali, sia perché mi annoiano le biografie in generale, sia perché non capisco niente di musica, e gli appassionati di rock duro e puro inorridiscono quando gli dico che ascolto sempre i Queen o Michael Jackson. Ma tra i miei amori c'è Vasco Rossi. Che sento da anni parlare di Massimo Riva, senza aver mai approfondito più di tanto, ho sempre pensato: era un chitarrista, cosa me ne frega. È per questo che ho preso in mano il libro Massimo Riva Vive!, edito da Baldini e Castoldi, cioè da Elisabetta Sgarbi, e ho iniziato a leggerlo senza riuscire mai a fermarmi. Anche perché è scritto molto meglio dei romanzi che finiscono al Premio Strega.
Anzitutto l'autrice è Claudia Riva, la sorella di Massimo, e sentite che incipit: «Volevo che lui mi amasse alla follia, come io amavo lui. Ho anche pensato di essermi innamorata di mio fratello, ma non l'ho mai detto a voce alta. Ora lo scrivo con la certezza che fosse effettivamente così». E infatti questo è un bellissimo libro d'amore, oltre che una struggente, sentita, vissuta biografia di Massimo Riva, che include ovviamente molti aneddoti della vita di Vasco, il quale, a 14 anni, mentre Riva era un bambino capace già di comporre canzoni e organizzare concerti, aveva fondato a Zocca una band dal nome emblematico: I Killer.
C'è la nascita di Punto Radio, il 18 novembre del 1975, una delle prime radio libere italiane, un'avventura d'avanguardia, dove un Riva ancora ragazzino divenne, grazie alla lungimiranza di Vasco, un punto di riferimento. Ci sono mille aneddoti sulla nascita della combriccola del Blasco, gli esordi di Guido Elmi e Maurizio Solieri, i concerti organizzati con poche lire e dai quali si tornava a casa senza averci guadagnato niente. È istruttivo per chi pensa che il successo di una rockstar sia sempre rose e fiori, all'inizio a Vasco e alla sua band il pubblico lanciava contro palline di carta e anche bottiglie di birra, ci vuole molto talento, convinzione e perseveranza.
E poi l'inizio della Steve Rogers Band, fondata da Vasco, ma anche la storia del tradimento, quando la band lasciò Vasco perché voleva andare sulle proprie gambe, senza Vasco. Durando poco da sola, e negli anni successivi tornarono tutti con la coda tra le gambe da Vasco, capendo che era lui il comandante. Come era logico che fosse. Succede a tutti i gruppi, come quando Brian May si mise a fare album per conto proprio e i Queen si sciolsero, non capendo che senza Freddie Mercury non sarebbero stati niente.
Vasco, bisogna dire, è stato generoso, negli anni '90 non solo li ha ripresi tutti, ma ha continuato a tenere viva la memoria di Riva, lo nomina sempre, e anche per questo ho letto questo commovente libro di Claudia Riva, per capire chi fosse davvero Massimo Riva. Un ragazzaccio fantastico. Dopo il suo ritorno con Vasco, fu lui a essere portato nella Villa Condulmer, nel 1992, per un ritiro creativo che oggi è diventato storico, dove composero Vivere e Stupendo, mica pizza e fichi. Come sono diventate storiche le due partecipazioni di Vasco a Sanremo, del 1982 e del 1983, e in quest'ultima Vita spericolata si piazzò in penultima posizione, a riprova di quanto Sanremo sia una cagata e i critici non abbiano mai capito un cavolo.
Una storia che finisce male, come sappiamo, perché Massimo morì di overdose di eroina a soli trentasei anni, il 31 maggio del 1999, sebbene la sua vera droga fosse la musica, come ricorda Claudia. D'altra parte era il motto di quegli anni, e di chi voleva una vita spericolata, come in una delle strofe di Sensazioni forti: «Non importa se la vita sarà breve, vogliamo solo godere».
Godere ha un costo, essere artisti anche, ma nella vita cosa non lo ha? Neppure ha senso, come fa Claudia, chiedersi se la morte di Massimo sia stata un suicidio o un incidente. Semplicemente andava al massimo. Ormai è andata, forse non poteva andare altrimenti, forse sì, ma in ogni caso viva Massimo.
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