Tra Renzi e Patti Smith, spuntano gioielli e pellicce

Mise sobrie ma senza eccedere in austerity. Il premier: «Non ci faremo chiudere in casa»

«Non abbiamo paura. È importante essere qui. Non dobbiamo sottovalutare niente, ma non ci faremo rinchiudere in casa. Sarebbe la risposta più sbagliata a ciò che sta avvenendo». Così Renzi prima e dopo l'opera. Ma la lotta alla paura è stata lo slogan di tutta la Prima della Scala 2015, un teatro - del resto - sicuro come un bunker. Poiché, dopo gli accadimenti parigini del 13 novembre, è obiettivo sensibile. E a maggior ragione se ad andare in scena è l'icona di Francia, Giovanna d'Arco, opera di Giuseppe Verdi. Sempre in tema di coraggio: ardita l'idea di riportare un'opera assente alla Scala da 150 anni, scelta anche simbolica per Riccardo Chailly al suo primo Sant'Ambrogio nel ruolo di direttore principale della Scala. «Questo è un segnale di forte identità per il teatro», osserva il finanziere e musicofilo Francesco Micheli. Per la compositrice Silvia Colasanti il punto di forza di questa Prima 2015 sono «la musica, la magistrale direzione di Chailly. Netrebko e Meli, poi, sono superlativi». Di fatto, sulla regia di Moshe Leiser & Patrice Caurier, le osservazioni non sempre convergono (come sempre accade con le regie). A metter d'accordo tutti ci pensa il soprano Anna Netrebko, nel ruolo del titolo, ieri ha galvanizzato il pubblico. Alla fine, pure ovazioni. E lei? Prima cosa: non ha temuto per niente per l'incolumità del teatro, «il mio mestiere è quello di stare sul palcoscenico. Mentre cantavo pensavo al mio difficile ruolo», taglia corto. Il secondo cantante più applaudito è stato il tenore Francesco Meli, il golden king (Carlo VII, appunto), alla fine reo confesso di volersi liberare il prima possibile della patina d'oro che l'avvolgeva da capo a piedi. Ieri è stata poi «la recita della vita» di Devid Cecconi, il baritono chiamato in sostituzione di Carlos Alvarez.Foyer piuttosto assortito per quest'edizione della Prima scaligera. Tinta rock con Patti Smith che non ha dubbi: «Anna Netrebko è fantastica, una cantante superlativa». C'è il tocco alternativo con il travestito Efe Bal, in Roberto Cavalli: «È la prima volta che un uomo vestito da donna viene alla Scala, mi sono pagata il biglietto, 2200 euro...». Un ritorno al passato con Valeria Marini e tuffo nell'attualità con la coppia di bellissimi Margareth Madé e Giuseppe Zeno. Immancabile Carla Fracci che plaude coro, orchestra e Netrebko, e legge in Giovanna d'Arco l'emblema della donna: «eroina sempre e comunque. Le donne sono forti, bisogna credere in noi». È Roberto Bolle la star del foyer. Loda «la Netrebko, la direzione di Chailly, l'idea di riportare in vita Giovanna d'Arco. E' poi un titolo di stretta attualità. La Scala è un teatro, così come lo è il Bataclan». Daniela Santanché è affascinata dalla scenografia e regia: «bellissima, mi è piaciuta molto». Emma Marcegaglia parla di un giorno che «è la celebrazione della non paura del terrorismo».

Per il glamour (anche di questi tempi se ne può parlare), scelti look sobri e senza eccessi, però si sono rivisti - dopo anni in cui era diventata una bestemmia - anche delle pellicce e dei gioielli importanti in mostra sui décolleté. La moglie di Renzi, Agnese, ha scelto un total black con un abito monospalla in pizzo nero millefeuille. Pelliccia bianca e nera per Marinella di Capua, sopra un abito Balestra.

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