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Ridare una voce ai testimoni muti di quella violenza

Ridare una voce ai testimoni muti di quella violenza

Si avvicina il 10 febbraio, il Giorno del ricordo. Una solennità nazionale, appoggiata con forza dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, e nata da un iter legislativo molto complesso terminato solo nel 2004. Non è stato facile in Italia giungere ad un'idea di memoria condivisa sul dramma delle foibe, della pulizia etnica titina e del conseguente esodo giuliano-dalmata. Una parte politica l'ha sempre rimosso. Ecco perché in edicola, in allegato con il Giornale ci sarà da oggi (a 8,50 euro oltre il prezzo del quotidiano) I testimoni muti di Diego Zandel. Nato in un campo profughi nel '48, figlio di genitori fiumani fuggiti dall'Istria, Zandel racconta in questa autofiction la sua personale esperienza alla ricerca delle radici perdute, anzi strappate dalla violenza totalitaria.

I testimoni muti a cui accenna il titolo del romanzo sono le vittime tutte, testimoni di politiche e pratiche aggressive dei nazionalismi del Novecento presenti nella regione, prima quello fascista, poi quello comunista; sono testimoni muti perché uccisi, violentati, eliminati. L'io narrante creato da Zandel dà voce a queste vittime, in nome del diritto di ciascuno di vivere sulla propria terra indipendentemente dall'appartenenza etnica, linguistica, credo politico e fede religiosa. Si tratta quindi di una narrazione che intreccia la memoria personale a quella collettiva e produce una riflessione generale che dimostra come quello che è accaduto in Istria e Dalmazia sia una lezione di cui tenere dolorosa memoria per evitare che fatti del genere possano capitare ancora.

La cosa che più colpisce della narrazione di Zandel è la capacità di ricostruire un lessico famigliare, di far capire come l'esodo abbia rotto rapporti, creato fratture e insanabili rimpianti. Nel libro c'è una Fiume scomparsa per sempre che torna a far balenare la sua italianità. Ma tutto senza ombra di nazionalismo e senza sconti agli errori degli italiani sotto il regime fascista.

Insomma un libro di specchiata onestà e di amara dolcezza. Che fa capire perché il dramma di chi ha dovuto lasciare la sua casa deve essere un dramma italiano, custodito e mai strumentalizzato politicamente, ma tanto meno messo sotto il tappeto.

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