Rileggere la «Guerra civile italiana» senza incrostazioni retoriche

Matteo Sacchi

La guerra tra fascisti e antifascisti provincia per provincia. Ecco che cosa troverà il lettore nel secondo volume della Storia della guerra civile in Italia del giornalista Giorgio Pisanò (1924 - 1997) che sarà in edicola da oggi con il Giornale a euro 9,90 più il prezzo del quotidiano. Il testo di Pisanò venne pubblicato per la prima volta nel 1965 ed è stato a lungo ignorato dalla storiografia accademica, perché metteva in crisi molti miti resistenziali.

In questo volume viene documentato con chiarezza quanto fosse limitata in principio la capacità bellica delle forze resistenziali e quanto la gran parte della popolazione sia rimasta indifferente alla situazione e non si sia affatto schierata, da subito, contro il fascismo di Salò, il ritorno di Mussolini e persino gli occupanti tedeschi.

Sono emblematiche le pagine dedicate alle Quattro giornate di Napoli. Pisanò le ricostruisce senza nulla togliere al coraggio degli insorti, ma mettendo ben in chiaro che quello dell'insurrezione di massa è soltanto un mito. E che nella rivolta non vi fu nulla di ideologico. Non solo, fa capire, numeri alla mano, che se i generali italiani Pentimalli e Del Tetto che comandavano le truppe nazionali in città e nei dintorni avessero organizzato uno straccio di resistenza i tedeschi la città non l'avrebbero nemmeno sfiorata. Invece gli unici a dimostrare una spietata celerità furono i tedeschi. Ogni segno non di resistenza, ma di semplice esitazione a eseguire i loro ordini veniva represso con le armi. L'opposizione all'occupazione, quando ci fu, avvenne da parte di singoli o di piccoli reparti che furono facilmente sopraffatti e spesso trucidati. Le angherie tedesche andarono avanti sino al 27 settembre 1943 e i napoletani, per lo più, reagirono chiudendosi in casa, come avrebbe fatto chiunque in una simile situazione, e sperando in un celere arrivo degli alleati. A cambiare le cose fu soltanto il fatto che a quella data i tedeschi rimasti in città erano ormai pochissimi. E che si stavano dedicando a un odiosissimo saccheggio distruggendo impianti industriali cittadini che i napoletani sapevano essere essenziali per la loro sopravvivenza. Un dettaglio per tutti: l'inizio degli scontri si ebbe quando i tedeschi provarono a rubare le stoffe (e la cassa) della Rinascente. Ma agli scontri partecipò un numero relativamente basso di persone così come i numeri delle forze di retroguardia tedesca erano minimi.

Insomma, anche in questo caso la vera differenza la fecero i sopravvenienti anglo americani e non altri. Ma questo è soltanto un esempio. Il volume ricostruisce tragedie grandi e piccole ripulendole da una serie di incrostazioni retoriche.

Che ancora a decenni di distanza sono dure a morire. Solo recentissimamente alcuni storici come Pier Paolo Battistelli e Piero Crociani hanno messo nero su bianco quanto sia stata poco militarmente efficiente la Resistenza. Pisanò lo sapeva già negli anni '60.

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