La risata non ha colore politico

La risata non ha colore politico

Il soggetto di Tolo Tolo era già tutto nello sketch del lontano 2006 nella «sua» Telenorba quando Checco Zalone cantava Bocchino rigatu (sì è proprio quello che avete capito: «In Brasile ho incontrato una prostituta con i denti sporgenti») e rispondeva così alla conduttrice che gli chiedeva perché avesse lasciato Capurso per il Sudamerica: «So' immigrato. Sai io sono classica persona che apre negozio, non paga nessuno e poi va in Brazil...». In Tolo Tolo scappa in Africa dopo che gli fallisce il sushi a Gravina di Puglia. Vista l'ambientazione è stato subito paragonato a Finché c'è guerra c'è speranza diretto e interpretato nel 1974 da Alberto Sordi che con Scola aveva precedentemente girato Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?. Accostamento curioso, visto che recentemente Paolo Virzì, cosceneggiatore di Tolo Tolo, in un'intervista al Foglio, aveva espresso giudizi non proprio lusinghieri su Sordi «dall'animo meschino e infantile». Ma che cosa è cambiato veramente, da allora? La percezione del grado di «cattiveria» della commedia all'italiana. Feroce nei due film citati in un'epoca però abituata ancora a saper giudicare un film per quello che era e quindi senza facili isterismi. Mentre oggi è bastato il videoclip Immigrato per mettere in scena uno psicodramma collettivo, soprattutto a sinistra, in cui Zalone veniva condannato per essere politicamente scorretto.

La verità invece è che Tolo Tolo sembra essere quasi più un film «per bambini», molto lontano dallo Zalone di Telenorba e molto vicino allo spirito delle pellicole con Bud Spencer Piedone l'africano e Io sto con gli ippopotami. L'unica certezza alla fine, oggi come ai tempi di tutti i film citati, sono gli spettatori che hanno preso d'assalto le sale alla ricerca di una risata liberatoria che, per fortuna, non ha età o colore politico.

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