Cultura e Spettacoli

La Rochefoucauld, un "peso Massime" fra i conservatori

In una nuova traduzione tornano gli aforismi del nobile francese. Sprezzante, geniale, eterno

La Rochefoucauld, un "peso Massime" fra i conservatori

Pochi scrittori, con un nome così difficoltoso da pronunciare correttamente, hanno avuto un pensiero così chiaro. Si chiama ingenio.

Si chiamava François de La Rochefoucauld e visse perfettamente incastonato nel Seicento, fra il 1613 e il 1680, illuminando un'epoca di per sé anonima e ricordata più che altro per guerre, rivolte e assolutismi. Secolo senza etichette convenzionali, schiacciato tra il Rinascimento cinquecentesco e l'Illuminismo settecentesco, trovò la sua sintesi - icastica, aforistica, tagliente - nelle massime di un uomo che, senza credere in Dio, morì dopo avere ricevuto l'estrema unzione, ma non prima di aver ordinato di bruciare tutte le sue carte.

Quelle che si salvarono, però, bastano. Per il suo secolo, per quelli successivi e per il nostro. Le Massime di François de La Rochefoucauld sono uno dei bestseller più longevi della storia, perché si adattano magnificamente a ieri come a domani. «La filosofia domina facilmente i mali passati e futuri; sono i mali presenti che la fregano». Stampate e ristampate, in edizioni tascabili o di lusso, con o senza testo a fronte, in versione integrale o in florilegio, le sentenze di quel nobile educato più alla spada che alle lettere, sono diventate le citazioni preferite dai filosofi, gli ammonimenti più abusati dei moralisti, sono finite nelle veline dei Baci Perugina, hanno elevato le canzonette dei cantautori. «Dar buoni consigli consola i vecchi di non esser più in grado di dare cattivi esempi».

Esempio straordinario di livre de chevet sia per gli uomini di potere sia per le donne che ne subiscono il fascino, le Massime non hanno tempo, perché la loro modernità ce le rende, in ogni momento, contemporanee. Pubblicate la prima volta nel 1665, le Maximes, 504 riflessioni che fanno scempio delle virtù e strage delle illusioni, ebbero in pochi anni quattro edizioni: 1666, 1671, 1675, 1678. E da allora non sono mai state dimenticate, né in Francia né fuori. Infatti, rieccole ora in una nuova edizione (François de La Rochefoucauld, Massime, Luni, pagg. 62, euro 11) che brilla per la traduzione (è di Serafino Balduzzi, uno dei nostri più bravi conoscitori del francese letterario) e per la prefazione (è di Armando Torno, il giornalista-scrittore più cinico, in senso nobile, dell'intellettualità italiana).

Nobile di famiglia (una delle tante dimore dei suoi discendenti, nel villaggio di La Roche-Guyon, divenne nei giorni dello sbarco in Normandia il quartier generale di Rommel), abituato più ai duelli che alle conversazioni, libertino da giovane («Le nostre virtù non sono, il più delle volte, che vizi mascherati») e disilluso da vecchio («Facciamo promesse secondo le nostre speranze; le manteniamo secondo i nostri timori»), François de La Rochefoucauld cambiava donne con la stessa frequenza con cui consumava i guanti, passò da un potente all'altro (ebbe incarichi dalla Regina Anna d'Austria, dal re Luigi XIII e dal cardinal Richelieu), non si affezionò mai agli amici («Siamo incostanti nelle amicizie, perché è difficile conoscere le qualità dell'anima; si vedono facilmente solo quelle dello spirito»), ma non cambiò mai la propria visione del mondo. Che fu squisitamente conservatrice.

Gentiluomo che disprezzava il popolo, non appesantito da una soverchia cultura classica, moralista sui generis che odiava tutto tranne l'amor proprio (che è il movente di ogni azione), e pessimista metodologico convinto che l'interesse personale regni dovunque negli animi, La Rochefoucauld tra una concubina e un inchino di corte colse nella letteratura l'essenza delle mosse dell'Uomo. Che, per natura, è un essere cattivo dal quale dobbiamo difenderci (si leggano gli aforismi su invidia, egoismo, orgoglio, ipocrisia...).

Del resto, solo un formidabile conservatore come La Rochefoucauld, che non aveva fiducia nei suoi simili, che non credeva al progresso, che non si concesse alcuna consolazione, e tenne in poco conto l'animo femminile («La maggior parte delle donne oneste sono tesori nascosti: stanno al sicuro finché nessuno le cerca»), poteva comporre un testo tanto dolce da lasciare, alla fine della lettura, un sapore così amaro.

«Di se stessi si preferisce dir male, piuttosto che non dir niente».

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