Scienza e magia, nella tesi di Calasso c'era già l'Adelphi

Scienza e magia, nella tesi di Calasso c'era già l'Adelphi

Nel 1840 gli operai che lavoravano in una chiesa di Norwich profanarono inavvertitamente una tomba, rompendo la lastra che la sigillava. Alcune parole in latino consentivano di risalire al proprietario, un medico morto nel 1682 le cui ceneri, assicurava l'epigrafe, avevano il potere di trasformare la polvere in oro. Il medico era Thomas Browne. Di volta in volta sequestrato dai letterati, dagli storici della filosofia o dagli appassionati di alchimia (era un sodale del figlio di John Dee, famoso mago del Rinascimento), Browne aveva scritto opere celeberrime Religio Medici, Urn Burial per limitarsi a un paio di titoli considerate da Coleridge, de Quincey, Virginia Woolf e Lytton Strachey alla stregua di capolavori.

Al medico di Norwich un giovane Roberto Calasso dedicò la tesi di laurea, ora pubblicata col titolo I geroglifici di Sir Thomas Browne (Adelphi), discussa nel 1965 alla Sapienza di Roma, relatori Mario Praz e Sergio Donadoni, allora forse il massimo esperto di cose egiziane. La scelta non fu casuale: mentre l'Europa perdeva tempo a discutere le trascurabili opinioni di Percy Snow sulle «due culture», la scientifica e l'umanistica, Calasso si immergeva nello studio di un autore che la fa saltare. Tolleranza e Bibbia, poesia e scienza, cattolici e calvinisti, ermetismo rinascimentale e meccanica galileiana nelle pagine di Browne rivelano una conciliabilità che la matrice erasmiana spiega solo in parte. In realtà, Browne era personalità pochissimo polemica e del resto anche il titolo della sua opera più nota, La religione del medico, è un ossimoro pacificato, il medico e il religioso valendo come rappresentanti di due modi antitetici di accostare l'universo. Sul piano filosofico, Calasso è ben informato: sa che nel '600 lo scetticismo era usato per rafforzare la Chiesa, non per minarla; che fra macchine e filosofi scoccarono idilli memorabili... Il Browne di Calasso è deista fino all'osso: il mondo è il ritratto di un Dio che dissemina la natura di leggi per far impazzire gli scienziati e dannare filosofi. La compostezza accademica, obbligatoria in una tesi di laurea, non trattiene il losco movimento di alcuni tentacoli rizomatici in puro stile Adelphi, la casa editrice di cui Calasso sarebbe diventato il direttore: una citazione estravagante da Valéry, l'apparizione in una sola pagina di due dandy, Baudelaire e Beerbohm, un passo di Borges (che adorava Browne)...

I linguisti sostengono che Thomas Browne coniò 748 parole, fra le quali «hallucination», «electricity» e «computer». Inventò anche la parola «deuteroscopy», «secondo sguardo», che ebbe meno successo. Calasso la prende in prestito per dare il titolo all'ultimo capitolo del volume, aggiunto nel 2018. Ma se credete che il grande editore tradisca la minima commozione nel gettare un secondo sguardo alle sue pagine giovanili vi ingannate. Il titolo del capitolo è fuorviante: «Deuteroscopia» contiene una manciata di osservazioni, alcune riflessioni e nessuna resipiscenza. Il testo della tesi viene accolto come se fosse stato scritto ieri. Forse Calasso non l'ha nemmeno riletto.

È un privilegio di pochi ignorare lo scorrere del tempo, ma non c'è ragione di mutare atteggiamento: in fondo, cosa dimostrano I geroglifici di Sir Thomas Browne? Solo che Calasso a 24 anni aveva in testa il futuro catalogo dell'Adelphi, che Elias Canetti considerava il più bello del mondo.

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