Cultura e Spettacoli

La sfida tra laici e cattolici migliorerà tutte le scuole

Lo diceva già Don Milani: ci sono istituti religiosi che offrono un insegnamento migliore rispetto alle strutture dello Stato

La sfida tra laici e cattolici migliorerà tutte le scuole

Da più parti, e sino al fastidio, si è ripetuto e si ripete che le scuole private e segnatamente quelle cattoliche sarebbero luoghi di indottrinamento, a differenza delle scuole statali viste sempre come centri di costruzione di menti critiche. È chiaro che siamo di fronte a un'accusa generica e genericamente infamante. Insegnanti critici si trovano in scuole statali e in scuole non statali; così come guarnigioni di insegnanti dogmatici si trovano in scuole statali e non statali. Solo che dagli insegnanti dogmatici delle scuole statali, le famiglie, che non hanno la possibilità di mandare i propri figli in altre scuole, non possono facilmente difendersi. E che il dogmatismo abbia costituito una malattia grave di tanti docenti, soprattutto negli anni passati, è testimoniato dall'estesa diffusione di non pochi libri di testo per esempio, di filosofia, di letteratura, di storia non costruite di certo da menti scientifiche, aperte, capaci di dubbi e problematiche, libri di testo che non hanno sicuramente contribuito a formare menti critiche.

Altra obiezione, questa volta da parte di un noto giurista italiano: la Scuola deve rimanere saldamente e totalmente nelle mani dello Stato a motivo del fatto che sarebbe soltanto la scuola pubblica in grado di garantire la formazione del cittadino. Ed ecco la replica di Angelo M. Petroni: «La tesi è semplicemente falsa sul piano descrittivo (qualcuno può pensare che il cittadino inglese formato ad Eton sia peggiore del cittadino italiano formato nel migliore liceo statale italiano?). Ma evidentemente è ancora più inaccettabile sul piano dei valori liberali. Dietro di essa vi è l'eterna idea dello stato etico, di uno Stato che ha il diritto di formare le menti dei propri cittadini /sudditi, sottraendo i giovani alle comunità naturali e volontarie, prime tra le quali quella della famiglia». L'introduzione del buono-scuola attuerebbe l'unica soluzione compatibile con le regole di una società aperta: la possibilità di scegliere tra scuole diverse quella più affine alle proprie convinzioni culturali, filosofiche e religiose. Solo la varietà, diversità e pluralità delle scuole possono garantire la libertà, che viceversa è negata dal monopolio statale nella gestione della scuola.

Ma a difesa del monopolio statale nella gestione della scuola si trova schierato un battaglione di laici statalisti anticlericali convinti che le scuole a orientamento confessionale costituirebbero un pericolo per la democrazia in quanto centri di formazione di menti acritiche, dogmatiche. Quindi: via le scuole dei preti dal territorio della Repubblica! Così, però, non la pensava affatto quel prete che è stato don Lorenzo Milani.

In una lettera da Barbiana del 9 marzo 1961 don Milani informa Aldo Capitini che «gli è toccato opporre in due diverse vertenze la scuola privata a quella di Stato». E aggiunge: «Nella prima vertenza (contro l'INPS) si tratta di riconoscere ai barbianesi il diritto di mandare i ragazzi a scuola qui e riscuotere ugualmente gli assegni. Il più accanito laicista, messasi una mano sul petto, dovrebbe battersi in questo caso per la scuola del prete». Ed ecco la seconda vertenza: «I miei ragazzi organizzano lo sciopero della scuola elementare di Stato ogni qualvolta la supplente arriva a scuola in ritardo. Lo sciopero consiste nel far venire i bambini a Barbiana dove uno dei miei ragazzi di 14 anni s'improvvisa maestro. Verso le 9.30 -10 arriva la supplente e viene a cercare i ragazzi. I bambini imperturbabili seguitano le loro lezioni senza alzare la testa. Il direttore ha minacciato il 6 in condotta e conseguente bocciatura e l'intervento dei carabinieri contro gli organizzatori. Il pretore (quel Marco Ramat che scrive spesso sul Mondo) nobilissima figura di laicista è stato qui ieri ed è costretto a darci ragione, purtroppo non vede come si possa portar la cosa davanti alla magistratura finché non ci scappa l'incidente».

Aveva ragione Albert Einstein a dire che è più difficile distruggere un pregiudizio che disintegrare l'atomo. E il pregiudizio in questione è quello della recita rituale in cui si ripete che senza alcun dubbio, sempre e comunque, ex definitione, la scuola di Stato è la buona scuola e che, sempre e comunque, ex definitione, la scuola privata è una brutta cosa, una istituzione da eliminare. Ebbene, è questo un giudizio fattualmente vero oppure non è altro che un soffione boracifero che fuoriesce da quello spezzone di Stato etico rappresentato dalla mitologia statalista? Questa la risposta di don Lorenzo Milani: «Non si può esaltare l'idea della scuola di Stato senza descriverne la realtà così come non si può denigrare la realtà della scuola dei preti senza citarne l'idea. A Firenze per esempio non è neanche da mettersi in discussione il dato di fatto che l'unica scuola socialmente e tecnicamente progredita è una scuola di preti: la Madonnina del Grappa. Il fatto che lo Stato con i soldi dei contribuenti non l'aiuti è semplicemente scandaloso. La Madonnina del Grappa ha 1200 allievi dei quali non uno solo figlio di papà. La scuola di Barbiana ha 20 allievi, nessuno figlio di papà, è dei preti, non ha dallo Stato nessuna sovvenzione, ma anzi aperta opposizione ed è senza ombra di dubbio l'unica scuola funzionante di tutto il territorio della Repubblica. Scandalose sono le scuole clericali di lusso di Firenze, ma mai quanto la scuola di Stato che non solo da quando la Dc è al potere, ma fin dal lontano 1860, quando guardava in cagnesco i preti, è stata sempre una fogna di propaganda padronale per nessun rispetto migliore delle equivalenti fogne ecclesiastiche. Non muoverei dunque oggi un dito in favore della scuola di Stato dove non regna nessuna libertà di idee, ma solo conformismo e corruzione e se invece della scuola di Stato come è oggi si parla di come dovrebbe essere, allora vorrei parlare di più delle scuole dei preti come sono oggi (molte) ma come sono alcune (poche) o meglio come dovrebbero essere. E in tal caso non c'è dubbio per me che sarebbero migliori quelle dei preti perché l'amore di Dio è in sé migliore che la coscienza laica o l'idea dello Stato o del bene comune».

Ma questi- dice ancora don Milani a Capitini - «sono sogni senza costrutto perché né preti né laici potranno mai fare nulla di perfettamente puro e sarà dunque meglio lasciare che si perfezionino quanto possono gli uni e gli altri possibilmente senza difficoltà economiche in libera e realmente pari concorrenza. Certo che oggi lo scandalo più grosso non è che pochi ebrei o protestanti come contribuenti siano costretti ad aiutare anche qualche scuola di preti ma piuttosto che milioni di contribuenti cristiani e poveri siano costretti come contribuenti a finanziare una scuola di Stato profondamente anticristiana profondamente antioperaia e contadina e che non lo è per opera dei governi cattolici (i quali l'hanno da quei perfetti imbecilli e conservatori che sono, ereditata così com'è e conservata sotto vetrina, dai ricchi borghesi anticlericali dell'Ottocento)». Ed è sulla base di queste considerazioni che don Milani dice con tutta chiarezza a Capitini che l'ultimo numero del Giornale Scuola è semplicemente disonesto. «Nella mia scuola conclude don Milani i poveri vengono educati con più laicismo (se laicismo significa rispetto per la verità) di quel che non abbia questo numero del giornale».

(3. fine)

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