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Sfumature d'oro Superincasso per il film più stroncato

Maurizio Acerbi

«Queste, adesso, te le metto dentro», le anticipa lui, con in mano delle palline vaginali. «Dietro?», sospira lei, titubante e speranzosa, chinata in posizione di attesa. «No, davanti», decreta lui. Scandalizzati da questo scambio di battute? Non è un dialogo estrapolato da un film porno, ma preso, paro paro, da Cinquanta sfumature di Nero, il film che, da giovedì, ha sentenziato probabilmente la fine del cinema inteso, nel senso più nobile del termine, come arte. Da oggi, chiamatela settima, e basta, e giudicatela secondo i sacri principi del product placement e del marketing, (con una sola t, per non fraintendere) le anime diaboliche che muovono Hollywood. Perché se in piena era di YouPorn, dove ognuno può dare libero sfogo ai propri appetiti sessuali, ben 195.987 italiani (con un incasso da 1.432.010 euro) hanno sentito l'urgente bisogno di correre, fin dal primo giorno, nelle sale della penisola, nonostante Sanremo, per vedere il seguito di questo pseudo film erotico, che impallidisce anche davanti ad un fumetto come fu, negli anni Settanta, Il camionista ecco che ti viene da alzare bandiera bianca. A maggior ragione se un film come La La Land, meraviglioso pluricandidato ai prossimi Oscar, ha chiuso, nello stesso giorno, al secondo posto, con appena 15.143 tagliandi venduti (il giorno del debutto, in Italia, furono solo 34.454) e circa 88 mila euro di incasso. Perché se, due anni fa, il boom all'esordio di Cinquanta sfumature di Grigio poteva starci, spiegato dalla curiosità morbosa che aveva legato addetti ai lavori e fan della saga letteraria, viene da chiedersi cosa sia successo a tutti quelli che uscirono dalla sala schifati, al grido di: «Mai più». Pensavano ad una improvvisa sceneggiatura da Oscar al posto di questo ripetuto: lui mostra i pettorali, lei il seno, lui si riveste, lei pure, lui si spoglia, lei pure, ecc. ecc. Oggi, evidentemente, quello che la gente premia è questo voyeurismo da otto euro. In fondo, è giusto così.

La democrazia del biglietto d'ingresso è sacrosanta e ai cinefili non resta che adeguarsi, ma senza l'obbligo di dover capire o giustificare. Onore a Zalone che, almeno, aveva incassato con un film, altrettanto comico, ma presentato come tale e non sotto la falsa forma di un sadomaso da hard discount.

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